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Coronavirus e impatto economico. Analisi aggiornata

Scritto da Daniel Casarin | marzo 16, 2020
Covid-19, meglio noto come Coronavirus, e la sua veloce diffusione sono ormai temi all’ordine del giorno dall’inizio di quest’anno. Oltre al continuo ed attento monitoraggio per il numero crescente di contagi, sono ora le implicazioni economiche a destare la più grande preoccupazione, in Cina e nel resto del mondo.

L’impatto di questa epidemia sul mercato e sul commercio globali sono inevitabili: il tutto deve essere sommato ad un’economia mondiale già in rallentamento e soggetta a tensioni complesse.

Componentistica, prodotti high tech, mercato del lusso e turismo: questi i macrosettori che registrano già importanti difficoltà ma se ne stanno aggiungendo altri, dato che la "macchina cinese" sta già tornando al lavoro.

Questa guida è destinata a fornire informazioni e buone pratiche, più che consulenze specifiche approfondite sul cliente.

Non potendo prevedere con certezza l’evoluzione della situazione, si guarda al passato e alle epidemie precedenti, la SARS prima di tutte. Ma il mondo è molto cambiato dal 2003 e oggi si trova ad affrontare la prima epidemia virale nell’era digitale e dei social media.

Affrontiamo l'argomento per step:

 

 

L’infodemia è reale

Il Coronavirus Covid-19 è la prima grande sfida globale del 2020. Siamo in presenza di un cigno nero.

Partito dalla Cina nei primi giorni dell’anno, ha dimostrato subito un alto livello di viralità, diffondendosi in modo repentino in molti altri paesi del mondo e in primis in Italia. Ormai da settimane, il nostro Paese risulta uno dei più coinvolti, con focolai sul territorio e decessi accertati.

Alla possibile crisi sanitaria però, si aggiunge la crisi economica, causata dal rallentamento della potenza economica cinese prima e dell’economia locale e globale.

L’analisi svolta da Dun&Bradstreet sull'impatto del virus mostra lo stretto collegamento della Cina e della zona di Wuhan, con numerose imprese e attività commerciali nel mondo.

Si parla di un prevedibile impatto su almeno 5 milioni di aziende in tutto il mondo.

Hubei, la regione cinese maggiormente coinvolta ospita il 90% delle aziende attive sul territorio nazionale, di cui 49.000 sono sedi di società straniere. Inoltre, almeno 51.000 imprese nel mondo hanno almeno un fornitore diretto, di primo livello, nella zona colpita.

L’impatto stimato riguarda non solo reti aziendali dirette ma anche tutti quei collegamenti indiretti che girano intorno alla regione. Mentre la Cina si è vista costretta a sospendere le attività e a mettere in quarantena intere città, le implicazioni economiche coinvolgono il mondo intero.

I retailer e le aziende che si affidavano alla manifattura cinese hanno visto un rallentamento o una sospensione delle forniture, registrando perdite considerevoli nei profitti. Ma i problemi si allargano e coinvolgono il mercato del turismo, i trasporti e il settore del lusso. L’eCommerce poteva diventare una risorsa utile in questo momento, ma ha dovuto scontrarsi con ritardi nelle consegne e carenze di personale.

Le difficoltà sono numerose ed è fondamentale riconoscerle in modo strutturato e affrontarle in maniera tempestiva per evitare danni irreparabili alle economie di tutto il mondo.

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Coronavirus: dalla Cina all’economia globale

Wuhan, nella regione di Hubei, è una città di 11 milioni di abitanti con un polo molto importante per l’industria cinese: un punto di riferimento sia per l’economia nazionale che per quella globale. In quel territorio sono ospitate 49.000 aziende internazionali: il 49% di esse ha sede a Hong Kong, il 19% negli Stati Uniti, il 12% in Giappone e il 5% in Germania.

Questi numeri hanno portato Moody’s a modificare rapidamente e costantemente a ribasso le previsioni di crescita per la Cina provocando non poca preoccupazione in tutto il mercato asiatico.

In aggiunta, queste previsioni varranno solo se la crisi rientrerà entro la fine del prime trimestre dell’anno, con una ripresa della normale produzione.

Se i mercati globali sono spaventati dalla possibile portata dell’epidemia, ci sono alcuni settori che rischiano addirittura la paralisi.

Coronavirus: la crisi (temporanea) nel mercato high tech

La componentistica del settore high tech è quasi esclusivamente dominio della Cina e dei mercati asiatici: smartphone, pc e chip di ogni genere. Apple chiude molti dei suoi punti vendita su territorio cinese e dichiara di dover rivedere al ribasso le previsioni di fatturato, Tesla parla di un rischio concreto per la sua attività e il colosso dell’eCommerce Amazon moltiplica le proprie giacenze, per evitare il rischio di dover interrompere l’attività.

In aggiunta a tutto questo, le maggiori società al mondo stanno limitando le trasferte dei propri dipendenti in Cina e nei paesi maggiormente colpiti.

Covid-19 sta già impattando in maniera importante sull’economia mondiale, passando per le aziende più grandi e con un mercato globale da difendere.

Coronavirus: l’impatto sul mercato del lusso e sul turismo

Ma il mercato cinese non è importante solo dal punto di vista della produzione ed esportazione, ma anche da quello della vendita. I cinesi sono un punto di riferimento importante per il settore occidentale del lusso.

I clienti che vengono dalla Cina costituiscono ben il 35% delle intere vendite mondiali in questo settore.

Ralph Lauren ha chiuso la metà del suoi 110 negozi in Cina, Burberry ne ha chiusi 24, Under Armour stima una perdita nelle vendite pari a 50 milioni di dollari. Un duro colpo per le esportazioni dagli Stati Uniti ma anche dall’Italia; il Made in Italy è molto apprezzato in Cina, soprattutto i grandi brand della moda e del lusso.

C’è di più: i cinesi, oltre ad apprezzare i brand americani ed italiani, amano molto viaggiare. Per questo motivo, i retailer di tutto il mondo stanno subendo un forte rallentamento nelle vendite per la mancanza dei profitti portati dal turismo cinese.

Ma il forte rallentamento del turismo sull'Italia si sente in particolar modo e non solo per il crollo degli arrivi dalla Cina. Secondo Al Jazeera e Federturismo (che sta chiedendo misure straordinarie per il settore) su marzo, siamo al 90% delle prenotazioni cancellate su hotel e agenzie di viaggio su Roma e 80% su Sicilia (aree geografiche appena toccate dal focolaio nostrano).

Un impatto profondo che colpisce anche i settori del giocattolo e dell’automotive, molto legati alla capacità produttiva cinese, al momento fortemente compromessa.

 

Per la serie completa delle nostre ultime analisi sul Coronavirus vai alla categoria dedicata dove trovare i materiali informativi completi.

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Covid-19 vs SARS: un confronto

Davanti ad un fenomeno nuovo gli esseri umani sono spaventati e disorientati; per arginare quest'ansia e per reagire in modo tempestivo, può essere utile guardare al passato, ad eventi simili a questo.

Un paragone possibile è sicuramente l’epidemia di SARS (Severe Acute Respiratory Syndrome), partita sempre dalla Cina nel 2003.

La SARS ha avuto una vita breve ma ha comunque generato un impatto importante sull’economia cinese. In quell’anno il tasso di crescita del PIL ha rallentato dall’11% al 9%, per poi recuperare, ad epidemia conclusa, e chiudere l’anno al 10%.

Il tempo è un fattore fondamentale nella gestione di crisi economiche e sociali di questa portata

Ma anche le differenze tra la SARS e il Coronavirus Covid-19 sono importanti.

Oggi l’economia cinese è profondamente cambiata rispetto al 2003. Il settore dei servizi rappresenta il 53% del PIL del paese, mentre nel 2003 era il 42%: già questo dato sottolinea il maggiore impatto che questo blocco dell’economia può comportare. Inoltre, oggi l’economia cinese è soggetta a forti tensioni, interne ed internazionali, che la rendono più fragile rispetto al passato.

Sicuramente la Cina odierna è anche più consapevole del rischio che il Coronavirus può costituire e perciò ha dimostrato una capacità di reazione ed organizzazione più veloce rispetto al 2003.

In questi anni, insieme alla Cina è cambiata l’intera economia mondiale e gli equilibri tra le nazioni: il ruolo della superpotenza cinese a livello globale è cresciuto notevolmente fino a costituire, nel 2018, il 35% della crescita del mercato globale. Senza ombra di dubbio, questi dati confermano che la crisi economica a seguito del Coronavirus riguarda l’intera economia mondiale e non solamente i paesi asiatici.

Fallimento sincrono

L'impatto più devastante del Covid-19 potrebbe non provenire dal virus ma dal modo in cui i diversi servizi e piattaforme umane che rispondono ad esso.

Non ci sono dubbi sul fatto che il Coronavirus tenderà al limite i sistemi sociali, economici e politici soprattutto in economie emergenti o in ripresa dal 2009 come la nostra. Questo è stato a lungo anticipato dalle agenzie e dai centri studi.

Fragilità sistemica

Nel 2006, l'US Department of Homeland Security, ha pubblicato una guida sulla preparazione di potenziali pandemie, avvertendo: “Il rischio crescente di una pandemia di influenza in tutto il mondo comporta numerose conseguenze potenzialmente devastanti per le infrastrutture. Una pandemia probabilmente ridurrà drasticamente il numero di lavoratori disponibili in tutti i settori e interromperà significativamente la circolazione di persone e merci, il che minaccerà i servizi e le operazioni essenziali."

"Le giurisdizioni statali e locali saranno sopraffatte e incapaci di fornire o garantire la fornitura di beni e servizi essenziali", questo è quanto ha avvertito un altro documento del Department of Defense statunitense che descrive in dettaglio il potenziale impatto di una pandemia influenzale, all'epoca (nel 2009) declassificato.

Una pandemia potrebbe anche "causare problemi significativi alle diverse ramificazioni economiche e di sicurezza; includendo potenzialmente disordini sociali su larga scala a causa della paura di infezione o preoccupazioni per la sicurezza".

Un quadro più utile per valutare gli impatti sociali del Coronavirus sono rappresentati dal concetto di "fallimento sincrono" di Thomas Homer-Dixon, che ha dimostrato come la natura strettamente allineata di diversi sistemi globali generino "molteplici fattori di stress" e possono interagire per creare "cambiamenti simultanei "che possono quindi generare una crisi intersistemica molto più ampia."

Il sistema globale è attualmente sull'orlo di più crisi simultanee.

"Interferenze energetiche", crisi economiche e ambientali hanno formato circuiti destabilizzanti di feedback amplificati insieme a sistemi sociali, politici e culturali.

Cambiamento globale

Ci sono due elementi per comprendere il Coronavirus come sintomo di uno sfasamento globale.

Uno è il lato del collasso: riconoscere i processi di declino come sintomatici della fase di rilascio che si traducono in numerose strutture nel sistema che presentano più o meno guasti a cascata.

Il secondo è il lato del rinnovamento che significa guardare, capitalizzare e potenziare nuove strutture, schemi e valori per il nuovo ciclo di vita.

Il rischio di guasti a cascata

Il framing sincrono dei fallimenti di Homer-Dixon fornisce un modo convincente per comprendere il primo punto.

Lo studio riconosce la centralità del sistema energetico globale per la sua elevata vulnerabilità. L'impatto potenzialmente destabilizzante del Coronavirus può essere valutato in questo contesto.

Il Coronavirus ha colpito il sistema globale in un momento in cui la sua vulnerabilità energetico-economica è estremamente elevata.

L'impatto più immediato è stato sui mercati finanziari globali, che hanno visto un'enorme volatilità nel mercato azionario. Si tratta di forti speculazioni dove guarda caso la politica e gli Stati sovrani non entrano in merito. L'OCSE ha avvertito che il tasso di crescita economica globale potrebbe essere dimezzato, mentre diverse economie come il Giappone e l'Eurozona scivoleranno in recessione.

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Coronavirus e trasformazione digitale

In questi giorni di allarmi e allarmismi in Italia si è potuto constatare che un evento grave come un’epidemia ha un impatto importante anche a livello sociale e comunicativo.

La psicosi che ha colpito una parte della popolazione sembra essere stata alimentata dalla comunicazione che non è riuscita a trasmettere un messaggio univoco e rassicurante, attraverso canali e fonti ufficiali ma anzi, è stato alimentato da questi.

 

I social media hanno accelerato il livello di disinformazione in tutto il mondo a velocità senza precedenti, alimentando il panico e il razzismo. A quando la speranza?

 

Rispetto alle precedenti emergenze, oggi si sono moltiplicati i canali di comunicazione ed il digitale costituisce una risorsa prima impensabile di controllo sociale: sicuramente una grande opportunità per una comunicazione più diretta, veloce ed efficace, ma è fondamentale farne un uso consapevole. Cosa impossibile in queste ore.

Social media, tossicità informativa e forme di catarsi collettiva

Il sensazionalismo dei media e la mancanza di una chiara comunicazione dei rischi genera un "panico che si sta diffondendo a un livello molto più elevato rispetto alla realtà del rischio", questo è quanto afferma Maria Rita Gismondo, virologa all'Ospedale Universitario Luigi Sacco di Milano.

Da parte sua, l'OMS ha tentato di affrontare il problema collaborando con Twitter, Facebook, Tencent e TikTok per reprimere la disinformazione. 

Ma la valanga di contenuti ha travolto gli sforzi coordinati per eliminare tutto il rumore. Questo a sua volta ha creato un terreno fertile per contenuti xenofobi. Meme e insulti razzisti si sono moltiplicati su TikTok e Facebook. Alcuni adolescenti hanno persino falsificato diagnosi di Coronavirus per guadagnare più peso sui social media.

Per quanto i social media abbiano perpetuato la disinformazione, in Cina sono stati anche un'importante fonte di informazioni verificate. Anche se qui, qualche dubbio tutto italiano lo dobbiamo riportare.

All'inizio, ad esempio, diversi dottori cinesi si sono rivolti utilizzando i social media per sollevare allarmi sulla gravità della situazione. Sebbene il governo li abbia rapidamente rimproverati e si sia mosso per controllare il flusso di informazioni, i loro avvertimenti sono diventati rapidamente virali, probabilmente accelerando il governo ad essere più aderente sulla realtà.

Come è stato raccontato al pubblico di tutto il mondo il primo virus nell’epoca del digitale e dei social media?

Potere e rischi della comunicazione

Leight Fatzinger, CEO di Turbine Labs, si è servito dell’intelligenza artificiale per misurare l’impatto della narrazione dei media sul sentiment, rispetto al tema del Coronavirus.

Con un'osservazione e un monitoraggio dell’informazione e dei termini usati, Fatzinger ha diviso il fenomeno in diverse fasi; il risultato è un’escalation sempre meno rassicurante e povera di informazioni approfondite:

  • La prima fase era in corrispondenza del primo caso riscontrato nello stato di Washington e dell’inizio degli spostamenti in Cina per il capodanno lunare: i mercati asiatici ed americani hanno iniziato a perdere terreno. La stampa e la comunicazione erano focalizzate sui temi della paura, della preoccupazione e dell’ansia.
  • Un paio di giorni dopo, la Cina mette in quarantena alcune città e il virus si diffonde in altri Stati. I temi della comunicazione riguardano la diffusione dell’epidemia e il contenimento.
  • Nel giro di una settimana la situazione si aggrava e la comunicazione accelera il sentimento diffuso, trasmettendo concetti di urgenza, tristezza e di perdita. Il climax tocca il suo apice con le parole di The Economist che il 30 gennaio parla del rischio di una pandemia.

Questo genere di sentimento è circolato online ed offline, alimentato dalla reale diffusione del virus e seguendo l’incertezza e la paura dei mercati economici di tutto il mondo.

E guarda caso nemmeno le soluzioni algoritmiche provenienti dalla Silicon Valley riescono a fermare l'infodemia di Coronavirus. Nel frattempo dall'OMS annunciano che stanno facendo emergere piattaforme per combattere la disinformazione come ad esempio il WHO Information Network for Epidemics (EPI-WIN).

Un meccanismo che collega i fatti all’economia e alla comunicazione in modo stretto e indissolubile.

Come comunicare l’emergenza in modo efficace?

Secondo lo studio Edelman Trust Barometer del 2020, la fiducia nei confronti di ciò che i governi di tutto il mondo fanno e dicono è in calo: coloro che hanno ancora fiducia sono solo il 30% della popolazione. Un dato preoccupante, che si aggiunge ed arricchisce il quadro di una comunicazione multicanale in difficoltà e convulsa, quasi schizofrenica.

Davanti al rischio di alimentare paure e ansie ingestibili e pericolose, come dovrebbe allora comunicare un’organizzazione o un’azienda in modo efficace?

Nonostante le differenze nelle organizzazioni e nelle modalità di comunicazione ci sono alcuni punti da tenere in considerazione sempre:

  • La sicurezza prima di tutto
    Un ente, un’istituzione e un’azienda devono mettere al primo posto la sicurezza delle persone che lavorano per loro. È meglio gestire una perdita finanziaria momentanea che correre rischi inaccettabili ed ingestibili sul piano della sicurezza
  • Offrire le giuste e corrette informazioni a tutti
    È importante avere le giuste informazioni da epidemiologi e specialisti del settore. Queste informazioni vanno condivise con l’intero staff e con tutte le persone che collaborano con l’azienda
  • Semplicità e chiarezza
    Possedere le giuste informazioni e condividerle potrebbe non essere sufficiente. È necessario comunicarle nella maniera più chiara e semplice possibile. Davanti ad una situazione complessa come la gestione del Coronavirus, è necessario assicurarsi che le informazioni fondamentali vengano comprese ed applicate da tutti
  • Trasparenza
    È necessario che le informazioni più importanti ed il protocollo dell’azienda siano comunicati all'esterno, dal website aziendale e da tutti i principali canali di comunicazione. Si potrebbe prevedere la creazione di una pagina del website dedicata alla gestione dell’emergenza e alle comunicazioni in merito. La stessa trasparenza deve essere usata nella comunicazione con i fornitori e con gli stakeholder
  • Coinvolgimento
    In situazioni di emergenza, è importante coinvolgere anche i dipendenti e gli ambassador dell’azienda per amplificare la comunicazione, in modo univoco e coerente. Online possono facilmente scatenarsi delle “tempeste” ed è fondamentale essere presenti per poter reagire alla crisi in maniera veloce
Un’emergenza come quella del Covid-19 riguarda inevitabilmente anche il mondo della comunicazione. Per questo motivo, può diventare un rischio per le aziende non essere presenti e non fornire le informazioni necessarie. Sia a livello globale che a livello aziendale è necessaria grande attenzione e cautela.

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Oltre il Coronavirus: uno sguardo al futuro partendo dall'infodemia delle prime ore

Sull'argomento Coronavirus e infodemia diciamolo subito: la maggior parte delle persone che diffondono disinformazione lo fanno allo scopo di attirare l'attenzione degli utenti monetizzando in un modo o nell'altro attraverso la vendita di spazi pubblicitari. Ma questo fatto riguarda l'infodemia globale. In Italia è veramente così?

Come stanno riportando vari analisti, ci troviamo di fronte ad un sistema molto più complesso e stratificato di disinformazione che opera e genera diversi livelli di impatto. Naturalmente economico più che sociale e sanitario.

In Italia ancora non si può fare la conta dei danni che continuano incessantemente a salire, il governo pensa di fermare il panico adottando soluzioni che in realtà lo provocano ulteriormente e costantemente, partendo innanzitutto da uno storytelling mediatico fuori controllo e che sta utilizzando le leve delle neuroscienze come strategia di tensione.

E questo è quello che sta determinando un "balletto della superficialità e della contraddizione" che come riportato dall'attento Adriano Segatori sta generando chiaramente un "allarmismo determinato da motivazioni molto più intriganti e sofisticate che potrebbero interessare una strategia bellica non convenzionale per sviare attenzioni e agire su dispositivi economici globalizzati."

 

Un esperimento per evidenziare la dignità di un governo e di un popolo? Il risultato è decisamente negativo.

 

Da un lato gli USA che restringono i viaggi in Italia e Israele che sta già impedendo agli stranieri di arrivare sul proprio suolo in aereo dall'Italia, per non parlare di Paesi come il Kuwait che sta evacuando i suoi cittadini da Milano.

Si discute se la risposta in Lombardia sia stata troppo aggressiva. Ma è certamente vero che le percezioni del pubblico, fondate o meno, si traducono in decisioni in merito sull'impatto economico reale.

L'economia italiana è stata messa in cattiva luce

L'impatto complessivo dipenderà in larga misura da come reagiranno passo-passo le grandi economie, in particolare gli Stati Uniti e la Germania.

Siamo parte di un grande scacchiere e non possiamo farci illusioni.

Già sappiamo che il costo diretto dell'intervento sanitario non sarà enorme rispetto a quello che riguarda il tessuto economico.

 

Forecasted short-term impact of Coronavirus (COVID-19) on gross domestic product (GDP) in Italy in the 1st and 2nd quarter of 2020, by industry. Source: Statista

 

Impact of Coronavirus (COVID-19) on revenues linked to the expected slowdown in demand among Italian companies in March 2020. Source: Statista

 

Il problema è una recessione consistente data dalle entrate perse (nel breve ma soprattutto nel medio termine grazie ad un rallentamento già precedentemente in atto).

E anche se questo argomento potrà essere usato dal governo per allineare le proprie finanze alle regole imposte dalla UE, probabilmente non ci si potrà aspettare molto aiuto, nonostante tutti gli analisti sembrano d'accordo sul fatto che l'Italia ha l'economia più esposta alle conseguenze del virus.

Nel frattempo La Banca d'Inghilterra come la Federal Reserve stanno aiutando a stabilizzare i mercati finanziari, unendosi ad altre banche centrali in azioni promettenti per alleviare l'impatto economico del Coronavirus.

Sono giorni di grande concitazione e di evoluzioni continue.

Il virus è ancora una presenza forte nei notiziari e un’ombra sui mercati finanziari.

In Cina molte aziende della regione di Hubei stanno fortunatamente riaprendo.

Non è possibile sapere quanto tempo ci vorrà ma l’economia dovrà ripartire dalla conta dei danni e già si indica il virus come capro espiatorio di una recessione globale.

D'altro lato non dimentichiamo che c'è chi sta speculando sul Covid-19 grazie a obbligazioni dalla dubbia moralità e le informazioni ormai iniziano ad essere piuttosto diffuse e dichiarazioni come quelle di Olga Jonas, senior fellow all’Harvard Global Health Institute (all'epoca del lancio degli "Ebola Bonds") su “quanto fatto dalla Banca Mondiale attraverso l’emissione di quei bond è stata soltanto propaganda mediatica. Volevano solo annunciare una nuova iniziativa che impressionasse il mondo”.

Da un ambito finanziario stagnante ci si può aspettare anche questo?

L'epidemia è infodemia quando stiamo tutti incollati alle notizie online

Reagire con paura e comportamenti senza senso è fortemente legato alla nostra natura umana.

Reagiamo alla scarica continua di adrenalina, lieve che abbiamo quando ci fanno la conta del numero di contagiati e dei morti (non delle percentuali, sia ben inteso).

Reagiamo aumentando le nostre frequenze cardiache.

La nostra concentrazione tende a focalizzarsi e a non avere una visione più sistemica e oggettiva.

Qui entra in gioco la nostra mentalità da "mandria" e tendiamo a pensare quello che pensano gli altri.

Attendiamo conferme prima di agire.

A quel punto è troppo tardi.

La vendita è iniziata: le azioni sono crollate.

La paura è irrazionale ma è estremamente importante nei mercati finanziari perché cambia il comportamento economico. Questo è quello che ci insegna l'economia comportamentale.

I mercati sono guidati da flussi di informazioni, opinioni, speculazioni. Questo è quello che stiamo ottenendo questa volta con un virus.

"L'incertezza e le previsioni future hanno un impatto psicologico maggiore rispetto ad un comunicato stampa tangibile e oggettivo come può essere un rallentamento attuale dell'economia cinese o un brutto inverno negli USA che sono notizie tendenzialmente viziate da parti politiche e lobby. Nella finanza le malattie sono tendono a formare una coda più lunga e sono molto speculative", questo è quanto riportano fonti atlantiste dal South China Morning Post.

Campagne di comunicazione dell'establishment già promuovono un'ulteriore rottura che si creerà tra Occidente e Oriente a causa dello spostamento di multinazionali dall'area.

La grande minaccia per l'economia non è solo a causa di una malattia che si diffonde rapidamente ma perché qualsiasi shock economico da parte dei motori dell'industria globale e di consumo come la Cina, diffonde rapidamente sfiducia sui vari collegamenti commerciali e finanziari associati alla globalizzazione.

Dalla Sars ci siamo dimenticati che la Cina si è trasformata in una centrale elettrica globale profondamente radicata all'interno delle catene di approvvigionamento di tutto il mondo. Ed è proprio il mercato energetico cinese che sta crollando in questo periodo a fronte di tutte le azioni legate al settore medico che stanno avendo una rapida crescita.

Ripartire

L’economia ripartirà dai numeri ma anche dal lavoro di ognuno.

È importante nel piccolo che ogni organizzazione sappia gestire al meglio questa fase attraverso una gestione attenta del lavoro, dei dati, degli investimenti, delle risorse e della soprattutto della pianificazione per far fronte ai cigni neri come questo.

Serve un presidio continuo ed un controllo capillare per sopportare una flessione inevitabile e per essere pronti a ripartire non appena sarà possibile, o per lo meno quando l’infodemia sarà rientrata.

Serve abbassare ogni rischio e alzare ogni strumento di controllo. Come hanno fatto le realtà di successo dopo la congiuntura economica del 2009.

Serve innanzitutto farsi domande...

Ma siamo sicuri che è veramente colpa del virus e non di una disastrosa gestione dell’economia che già segnava un andamento negativo a fine 2019 suggerendo il proseguimento di una fase di debolezza dei livelli produttivi?

Ecco una raccolta di contenuti quotidianamente aggiornati e mirati al successo della tua azienda in questi momenti concitati.