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Crisis management e social media: scenario, gestione e prevenzione

Scritto da Daniel Casarin | ottobre 31, 2016

Con più di un miliardo e trecento milioni di utenti attivi su Facebook e con una media di oltre 400 tweets inviati al giorno, non c’è dubbio che i social media hanno trasformato il modo in cui le persone condividono e consumano le informazioni.

Per i professionisti della comunicazione questi numeri hanno offerto una serie di nuove strategie di marketing e di canali per comprendere al meglio i bisogni delle persone. 

I social media hanno liquefatto i confini tradizionali creando un senso di vicinanza tra brand e consumatori, d’altro lato la conseguenza diretta è stata la pericolosità o il rischio per un numero crescente di aziende di dover fronteggiare diverse problematiche in termini di gestione della reputazione. Bastano pochi minuti per creare una crisi e diffonderne il messaggio raggiungendo un ampio numero di persone. 

Guida all’integrazione dei social media nella strategia di gestione di una crisi

Secondo un interessante sondaggio effettuato da Deloitte è emerso come il problema della reputazione (brand reputation) sia sottovalutato da un numero crescente di manager, evidenziando come i programmi di gestione della reputazione e gestione delle crisi non siano supportate da un'adeguata strategia aziendale a monte (malgrado una lenta ma crescente sensibilizzazione in fatto di customer experience).

Nonostante la maggiore vulnerabilità, l’impegno nella gestione dei social network e del customer service online non deve rappresentare una fonte d’ansia. Fermo restando che ignorare i commenti negativi ha un impatto estremamente negativo e diretto sul proprio business (addirittura secondo un recente studio firmato Forrester, oltre il 90% degli utenti abbandonerebbero un’azienda o un brand con un customer service scadente) è molto importante tener conto delle opinioni degli utenti riguardo un brand.

In realtà i social media (e il customer service attraverso essi) rappresentano uno dei canali di maggior importanza oggi per fermare e gestire una crisi, in tutte le sue sfaccettature.

Qui sotto abbiamo riportato come l’utilizzo e l’integrazione dei social network in una strategia più ampia di gestione della comunicazione e della reputazione dell’azienda sia uno strumento di leva (anche finanziaria) nel mitigare qualsiasi effetto dannoso che potrebbe avere conseguenze a lungo termine per la salute di un’organizzazione. Il trucco, naturalmente, è saper cosa fare e quando.

Concetti fondamentali.
Le quattro fasi della crisi

Indipendentemente dal settore, ogni azienda deve affrontare un proprio set di rischi. Essere in grado di anticipare le potenziali minacce serve garantire che l’organizzazione sia ben posizionata per gestire le situazioni di crisi. Le seguenti quattro fasi sono le pietre angolari di qualsiasi successo nella gestione della comunicazione in una crisi.

  • Essere pronti

Una strategia di gestione della crisi ottimale inizia con la preparazione prima della comparsa di una crisi vera e propria. Mentre è impossibile pianificare ogni scenario futuro, è utile esaminare l’azienda, la struttura, le persone, i prodotti e l’ambiente per valutare le aree di rischio significativo e identificare potenziali minacce.

Quando una crisi è in atto, diventa fondamentale avere risposte decise in modo da poter reagire rapidamente. In questo contesto è utile valutare rapidamente anche la natura del feedback degli utenti, determinando se la critica si limita a influenzatori chiave o a consumatori che hanno un problema contingente semplice. 

  • Risposte

Le crisi interrompono le normali operazioni quotidiane. Come risultato esse richiedono una risposta immediata. Questo significa che è spesso necessario rispondere prima che l’intera organizzazione abbia avuto la possibilità di valutare tutti i fatti. Accettiamo la responsabilità e l'impegno ad indagare rapidamente sulle cause.

Il tempo è tutto. Rispondere subito, è dimostrare al pubblico che si sta prendendo l’incidente sul serio. In casi seri per risolvere crisi consistenti è utile avere a disposizione i contatti di emergenza di una parte legale o di un ufficio stampa pronto ad intervenire attraverso media istituzionali.

  • Rassicurazioni

Dopo la risposta iniziale, una gestione efficace della crisi richiede una conduzione a portata di mano con un’indagine e uno sviluppo di un piano d’azione che mira a rettificare la situazione. Dalla fase di attuazione, ai risultati attesi dal piano, al rassicurare il pubblico e le loro esigenze, comunicando tutti i dettagli pertinenti.

Spesso viene molto apprezzato il fatto di mantenere aggiornati i propri utenti anche se non sta accadendo nulla, in modo da “governare” comunque la conversazione. E' importante dimostrare l’impegno e la trasparenza lasciando che il pubblico sappia che l’organizzazione intende condividere i risultati dell’indagine adottando misure correttive.

  • Recupero

In definitiva la gestione di una crisi è molto più che una semplice “pausa” emorragica nel breve termine, si tratta anche di ripristinare la salute e la reputazione a lungo termine di una società, preventivando il ripetersi.

Ristabilire la fiducia del pubblico e la fedeltà dei consumatori richiede andare al di là di un intervento immediato. La comunicazione verso gli utenti, per quanto riguarda cambiamenti a livello aziendale strategici, dove il customer service o il social team è direttamente interessato, sono molto utili a dimostrare la reattività costante della propria organizzazione.

Chi crea una crisi?

Alle quattro fasi appena descritte se ne potrebbe aggiungere un’altra fortemente collegata con tutte: conoscere quali sono gli utenti che creano la crisi, quali sono le cause. Così come è fondamentale la conoscenza del proprio consumatore in modo da comprendere come relazionarsi e interagire con lui, è vero anche che sulla base delle sue caratteristiche bisogna calibrare tutte le azioni necessarie per riportare la crisi alla normalità.

Si possono distinguere tre grandi “cause” di crisi, ciascuna delle quali va conosciuta e necessita di azioni differenti per la gestione e la soluzione.

1. Clienti scontenti

Possono essere distinti in passivi, i cui valori etici gli impediscono di lamentarsi e di impiegare tempo e sforzo per fare sentiment negativo; critici, che si lamentano attivamente dell’azienda ma sono disposti a dare una seconda possibilità; attivisti, propensi alla lamentela al di sopra della media e che ricorrono a minacce e alla creazione di spazi per amplificare le crisi.

Andando più in dettaglio possiamo identificare:

  • Consumatore docile - Generalmente non si lamenta, a meno che non sia spinto al limite. Il suo interesse è che la sua voce venga ascoltata e una semplice scusa da parte dell’azienda sul canale social usato per il suo commento metterà a posto la situazione trasformandolo in un brand advocate passivo.
  • Consumatore aggressivo - Si lamenta prontamente, rumorosamente e lungamente e non risponde bene a scuse o aggressioni. Se si risolve il suo problema in maniera veloce ed efficiente, accettando che il problema esista e indicando cosa sarà fatto per risolverlo, questi diventa un brand advocate molto prolifico su tutti i canali social.
  • Consumatore spendaccione - Si aspetta il meglio ed è disposto a pagare per questo. Si lamenta in maniera ragionevole a meno che non sia un ibrido con il consumatore aggressivo. È interessato ai risultati e a cosa si farà per riparare il problema. Ascoltarlo attivamente e rispettosamente, domandargli attentamente quali sono le cause, riconoscere pubblicamente il problema online e correggerlo offline sono le soluzioni per riportarlo alla normalità.
  • Consumatore opportunista - Non è interessato a veder soddisfatta la sua lamentela, ma piuttosto a ottenere qualcosa che il consumatore non è autorizzato a ricevere normalmente. Un costante “non è abbastanza buono” è la sua risposta agli sforzi di soddisfarlo. Rimanere oggettivi, usare dati quantificabili per le proprie risposte e chiedere “cosa posso fare per fare le cose in maniera giusta?” sono la soluzione.
  • Consumatore dal lamento cronico - La sua missione è lamentarsi, non è mai soddisfatto e ha sempre qualcosa che non va bene. Per quanto siano frustranti sono nostri consumatori e non possono essere abbandonati. Inoltre nonostante il loro costante lamento, tendono ad essere buoni consumatori e comunicheranno agli altri la tua risposta positiva. Richiedono pazienza straordinaria, ma soprattutto un’attenzione particolare a non iniziare con loro un discorso attraverso i canali social.

2. Fake account - troll

Noia e richiesta di attenzione portano le persone a cercare di demolire il lavoro e lo sforzo delle aziende intervenendo nelle discussioni online su blog, forum e social network. Non ammetterano mai di aver sbagliato, non rimedieranno mai all'accaduto o si ricrederanno sul proprio comportamento. Possono essere sia soggetti consapevoli e intenzionali, sia “involontari”; un bel giorno hanno cominciato a farlo e hanno constatato che in questo modo riescono a ottenere attenzione e a diventare famosi in una o più comunità.

3. Brand

Autogol comunicativi, sfruttare un disastro naturale per promuovere la propria comunicazione, pubblicare foto sbagliate o ambigue. Sono esempi di come la comunicazione può essere usata male dal brand, creando autonomamente una situazione di crisi. E sono solo alcuni...

Social media crisis.
10 cose da sapere

Anche se le quattro fasi di cui sopra sono fondamentali in una strategia di gestione di una crisi, le migliori pratiche che integrano i social media nell’ambito della comunicazione e gestione tradizionale di una crisi sono essenziali. Qui sotto riportiamo 10 cose da sapere per poter sfruttare i social media per la gestione e prevenzione della crisi.

1. P&P: Policy e procedure

L’ubiquità dei social media hanno offuscato i tradizionali confini tra personale e il professionale. Con una rapida ricerca su Google è possibile rilevare importanti studi su come mantenere una rigida separazione tra la vita dentro e fuori l’ufficio ormai sono vecchi e obsoleti. 

Lo sviluppo di politiche di gestione aziendale che delineano quello che è consentito e i comportamenti vietati aiuterà l’azienda a prevenire potenziali crisi, stabilendo linee guida chiare per l’utilizzo dei dipendenti dei social media. Così le social media policy oggi sono più essenziali che mai, anche se spesso c’è poca coerenza nella loro applicazione. Le social media policy possono essere considerate di tre tipologie:

  • Community user policy
  • Social media policy interne
  • Social media policy dei dipendenti

Concentrandoci su una community user policy, è utile che questa includa eventuali restrizioni legali o morali, definire l’attività di gestione di “troll”, promozioni, spam link baiting di terze parti, gestione di contenuto inappropriato e delle aspettative di risposta per gli utenti, eventuali contatti diretti dello staff. E' anche utile avere un piano B, supponendo il fatto di non avere una linea telefonica o avere il computer o lo smartphone disabilitato. Qui sotto riportiamo un breve elenco di alcune interessanti social media policy per approfondire l'argomento:

2. Utilizzare i social media come strumento di monitoraggio delle crisi

E’ possibile immaginare un piano di azione di gestione di una crisi in tre parti: alert, determinazione e azione. I social media sono innanzitutto un luogo d’ascolto. Le persone utilizzano i social media come un forum per esprimere le loro insoddisfazioni direttamente con le aziende e spesso questo salva numerose considerevoli crisi per un’azienda in un breve scambio di parole.

Strumenti come Twitter sono ormai diventati canali tradizionali su cui segnalare ultime notizie, avendo anche la possibilità di monitorare efficacemente parole chiavi individuando una crisi nella fase più precoce. 

La fase di alert può essere disposta su tre livelli: entry level, intermedio e avanzato a seconda dei budget a disposizione dell’azienda, andando quindi da una base di partenza manuale (leggendo post o utilizzando strumenti gratuiti di basso profilo di monitoring), fino all’utilizzo di strumenti di social media analytics professionali per tracciare conversazioni profonde (in grado di essere impostate dalla gestione delle menzioni del proprio brand fino alla gestione di menzioni di propri competitor).

3. Comprendere la responsabilità dei social media

Modificando in modo significativo il tasso con il quale le informazioni vengono scambiate e consumate, i social media hanno ridotto per le organizzazioni il tempo di rispondere ad una crisi in modo sostanziale. Arrivando a diffondersi in pochi minuti ad esempio tramite Twitter.

Secondo un'analisi di We Are Social attualmente il 32% dei consumatori inizia a perdere la pazienza dopo un responso di un tempo massimo di 30 minuti, mentre il 42% dopo un’ora (vedi il trend del real time marketing).

Data questa nuova "normalità" è la parte organizzativa di gestione di una crisi. Temporeggiare può significare aumentare a livello esponenziale e rapidamente il livello di crisi. Significa che le aziende che operano tradizionalmente dal lunedì al venerdì hanno bisogno di un piano d’azione per rispondere ad una crisi che si verifica in orari nel fine settimana e dopo gli orari lavorativi.

4. Stabilire un metodo di lavoro

Dato il livello di contingenza che accompagna una crisi è utile stabilire in anticipo chi sarà nella “war room”, così come chi saranno i singoli a prendere decisioni comunicando direttamente le direttive a chi risponderà agli eventi sul campo. 

Ancora più importante diventa assicurarsi che tutte le password degli account dei social network presidiati siano facilmente accessibili per l’intera squadra di crisi. Può essere utile in questa fase determinare anche il livello di assessment crescente delle crisi, a partire da uno stato di “ignorare” eventuali troll, fino allo stato di emergenza totale (dove è utile aggregare i responsabili o i dirigenti dell’organizzazione). E’ possibile valutare anche una scala di gestione dei ruoli nella crisi, a partire dalle:

  1. Risposte di normale amministrazione affidate al customer service;
  2. Risposte del customer service ma con la guida di un responsabile;
  3. Risposte del customer service ma con la guida di un responsabile con attivazione di uno stato di monitoring della crisi;
  4. Risposte del customer service ma con la guida di un responsabile con attivazione di uno stato di monitoring della crisi creando contenuti ad hoc (post sul blog e video);
  5. Risposta personale dei dirigenti e monitoring completo.

5. Costruire un toolkit per una social media crisis

Dalla preparazione di comunicati stampa tradizionali, ad un efficace insieme di strumenti di risposta ad una crisi, per le organizzazioni è utile iniziare a passare rapidamente ai sistemi di messaggistica istantanea.

E’ utile fare dei social media una parte centrale di questo toolkit anche attraverso l’utilizzo di post per il blog pre-approvati oltre a tutte quelle piattaforme di social media in sintonia con il resto degli sforzi in risposta alla crisi in atto. 

Su Facebook ad esempio, l’azione di chiedere ai propri clienti più fedeli di pubblicare i loro commenti positivi sul contatore di pagina è spesso utile in fase preventiva, in risposta di eventuali commenti negativi (aumentando quindi il rating), bilanciando ed equilibrandone il valore. Oltre a questo fatto è significante comunque celebrare sempre le menzioni positive naturali.

6. Sapere dove rispondere

Così come è rilevante sapere come e quando rispondere ad una crisi, è indispensabile sapere dove rispondere. Rispondendo ad una crisi nel formato adatto su Facebook, Twitter, YouTube o LinkedIn è un passo importante per garantire che il messaggio raggiunga direttamente i lettori interessati. Dimostrando così la volontà di impegnarsi con il proprio pubblico su quei forum più attivi. In seguito è utile che la risposta includa tutti i canali di comunicazione aggiuntivi.

7. Preparare il proprio team in anticipo

Nelle comunicazioni delle crisi è utile assicurarsi che tutti i soggetti della “war room” siano pronti a rispondere alle domande ed è essenziale mantenere una comunicazione costante e continua interna. Prevedendo che tramite i social media possono accendersi comunicazioni con amici e parenti tra tutto il personale dell’azienda, in questo senso i dipendenti dovrebbero essere equipaggiati con politiche e procedure di risposta corretta con largo anticipo. 

In uno scenario preventivo e con community consistenti, è importante realizzare e conseguire obiettivi che guardano al medio e lungo termine per ovviare a buona parte dei problemi di crisi, troncandole velocemente sul nascere. Questo può essere fatto dall'interno attraverso programmi ciclici (annuali) in cui si “addestra” il proprio team a ridurre i potenziali rischi, incrementare la preparazione in fatto di crisi, diventando sempre più flessibili ed agili nella gestione attraverso un consistente brand experience design (customer experience in primis).

Registrare tutti gli incidenti e le crisi di percorso significa identificare e trasformare in opportunità future di prevenzione situazioni critiche. Questi “casi” quando registrati possono nel tempo andare a comporre una sezione di Domande Frequenti ed Helpdesk, un luogo purtroppo spesso sottovalutato dalla maggior parte delle organizzazioni.

8. Stabilire il tono corretto

Fin dalla loro istituzione, i social media sono stati un luogo dove coltivare relazioni autentiche con una voce informale. Tuttavia a seguito di una crisi, è facile che l’informalità tenda a sparire o a diventare superficialità.

A seconda del tipo di crisi, il suo impatto può essere sentito in modo più o meno reale dagli utenti. Sapendo questo è utile concentrarsi sul tono di voce da sviluppare in relazione al contesto e alla situazione della crisi. E’ utile infine mantenere un tono di conversazione, colloquiale e coerente evitando quando possibile tecnicismi.

9. Abbattere le automazioni

La maggior parte degli sforzi sui social media sono multicanale. Al fine di tenere traccia e gestire più punti di contatto, molte aziende si affidano a cruscotti per automatizzare o pianificare i loro messaggi.

In caso di crisi, è assolutamente utile fare in modo che tutti gli automatismi siano bloccati. Il mantenimento dei messaggi automatici è fuori tema durante una crisi, sono percepiti come insensibili alle esigenze dei clienti e di tutte le parti interessate.

10. Essere onesti e trasparenti

Un recente articolo sul Guardian ha fatto la seguente affermazione in ambito di una social media crisis: “Non c’è cosa migliore come avere troppe informazioni. Nel corso di un disastro o di una crisi, Twitter e tutti gli altri social media devono essere in grado di fornire una visualizzazione immediata dello stato della situazione”.

La trasparenza nella comunicazione aiuterà a mantenere il pubblico informato e aggiornato del corso e della durata della crisi. Anche condividendo una cattiva notizia, verrà apprezzata l’onestà e la trasparenza, contribuendo a ristabilire la fiducia a lungo termine una volta che la crisi si è attenuata.

Crisis management attraverso i social media: in sintesi...

Tutti commettono errori e i giorni di mantenimento di una rigida separazione tra gestione attraverso i social media e gli altri strumenti di comunicazione, se ne sono andati.

Dato il modo in cui i social media hanno modificato sostanzialmente il panorama della comunicazione, il mantenimento di una solida strategia di gestione, richiede una completa integrazione di questi canali attraverso le varie fasi che possono essere sintetizzate in una comoda checklist come la seguente:

  1. Determinare la tipologia di crisi
  2. Attivare strumenti di monitoraggio
  3. Comprendere l’impatto e la porta della crisi
  4. Comprendere le azioni da intraprendere
  5. Identificare gli influenzatori
  6. Identificare gli stakeholder
  7. Creazione e gestione dei messaggi
  8. Misurare l’impatto
  9. Continuare l’ascolto

E' bene sapere che la gestione dei social media è un processo complesso che non si esaurisce con la sola pubblicazione di contenuti o la risposta a semplici richieste degli utenti, ma si inquadra in un contesto più ampio che vede al centro il monitoring delle conversazioni e delle performance del customer service e che passa anche attraverso la gestione delle crisi.

Grazie a queste pratiche è possibile essere preparati e anticipare le minacce mitigando i rischi attraverso qualsiasi piattaforma di comunicazione.

Crisis management, brand reputation e analisi del sentiment

 

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