Roberto Siconolfi – classe ’83, campano, sociologo, saggista, mediologo.
In questa parte si evidenzieranno le conoscenze base atte ad immergersi in questo scenario. Conoscenze che riguardano sia l’azione dei media e della tecnologia digitale, che la stessa struttura base dell’Io, e l’opera di necessario disciplinamento dell’Io soprattutto in relazione a tale tecnologia.
Seconda parte dell’articolo riguardante la realtà postmoderna e mediatico-digitale odierna.
Si evidenzieranno le conoscenze base atte ad immergersi in questo scenario. Conoscenze che riguardano sia l’azione dei media e della tecnologia digitale, che la stessa struttura base
dell’Io, e l’opera di necessario disciplinamento dell’Io soprattutto in relazione a tale tecnologia.
In questa seconda parte parleremo proprio di questi punti:
Postmodernità e nuova realtà digitale
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Adesso – al netto di discorsi legati alle varie branche della spiritualità, della metafisica, della filosofia, sull’esistenza o meno di un Io con una propria vita autonoma –, se l’Io è quello che ci rimane dentro e fuori da questo mondo mediatico-digitale, se l’Io è il fattore invariante, il “soggetto”, allora tale Io dovrà assolutamente essere ben disciplinato.
Non è possibile entrare nel mondo del digitale, dei media, dei social media, senza aver disciplinato questo Io.
E un disciplinamento, per esser tale, deve avvenire innanzitutto su vari livelli, tutti quelli nei quali è investito il ruolo dell’Io, e deve forgiarsi dei fondamentali strumenti della conoscenza e della tecnica.
E per quanto riguarda la conoscenza, del mezzo di comunicazione e del digitale, abbiamo già detto circa la specificità di questo mondo, parlando di McLuhan e dei suoi epigoni.
E dunque il medium visto come agente principale dei processi storici e fattore determinante nella ristrutturazione antropologica della specie umana; e non più come mero strumento per l’ottenimento di qualcosa, alla maniera delle concezioni figlie del positivismo, le quali suddividono tra mezzo e fine, e magari vedono nel giornale, nella TV, nel social media, lo strumento della propagazione delle idee dominanti.
Ma ancor più nello specifico potremmo parlare dei linguaggi multimediali, e della loro peculiarità “rimodellante” delle facoltà cognitive, del modo di pensare e per certi versi della stessa plasticità cerebrale.
A riguardo alcuni studi e conoscenze specifiche avanzate dal pedagogista Roberto Maragliano e dal sociologo Giovanni Sartori.
Per Maragliano, la specificità del linguaggio multimediale è un intreccio di tre componenti: quella analitica e oggettivante della stampa, quella immersiva e sensualizzante dell’audiovisivo, e quella interattiva e operativizzante del videogioco.
Non è più la scrittura da sola, infatti, a governare il territorio della “metacognizione”, ma vi si inseriscono altre prospettive, come quella di tipo immersivo e reticolare, e di tipo “pragmatico” con possibilità di manipolare e “sfuggire alle insidie di una rappresentazione esclusivamente verbale scritturale dei dati dell’esperienza”.
Sempre per Maragliano: “i media pensano dentro di noi e ci orientano ad agire […] nei modi della reticolarità, del connessionismo e del costruzionismo”.
Si supera in questo modo anche la funzione del sapere che era di “assicurare la stabilità dell’edificio culturale dell’individuo. Ora è di rendere l’individuo più sensibile a ogni forma di trasformazione”.
Di conseguenza non è più possibile “configurare il sapere come un testo o ‘cosa’. Esso si presenta sempre meno come una struttura ‘data’ di elementi fissi e sempre più come uno spazio a enne dimensioni , un conglomerato fluido”. (Maragliano, 1998, pp. 48-52)
E se quella di Maragliano è una prospettiva “aperta”, aperta alla comprensione e alle possibilità di sviluppo in tali orizzonti, quella di Sartori è invece una posizione “chiusa”, chiusa alle possibilità di apertura di spazi.
Questo pur producendo delle analisi accurate, e delle critiche anche giuste, ma che pongono più l’accento sul fattore negativo.
Un contrasto che va sulla falsariga di quello tipico della ricerca sui mezzi di comunicazione: un contrasto che va tra “apocalittici” e “integrati”[1] .
Per Sartori l’Homo Videns (Sartori, 2007), è quella particolare forma umana che ha perso la “capacità di astrazione” frutto dell’attività di lettura e di formulazione dei concetti, in virtù di quella del solo assorbimento “non filtrato” delle informazioni.
Un cambio dovuto alla continua esposizione agli schermi televisivi e dei personal computer, grazie ai quali fluiscono immagini e informazioni mal recepite e decostruenti, proprio per la sempre maggiore perdita delle facoltà di “filtro”, “selezione” e “raffinamento” dei dati tipiche della capacità di astrazione.
Un’epoca che consacra anche l’avvento della società dell’immagine come fonte comunicativa primaria, e questo proprio in un contesto di superamento del positivismo nella concezione mediologica, dove appunto è il medium stesso il messaggio!
E una delle caratteristiche più importanti di questa epoca caratterizzata da un “surplus” di immagini, mezzi di comunicazione e informazioni è che questo “surplus” crea uno squilibrio, un gioco “a somma negativa” come direbbe lo stesso Sartori (2007, p. 26).
Da questo punto di vista tra Sartori e tutta la scena degli entusiasti della rivoluzione mediatico-digitale come Nicholas Negroponte – ma anche con lo stesso pedagogista Maragliano – è in atto un duello, o forse una successione, tra il moderno e il postmoderno.
Una successione, un “avvento al nuovo” non privo di rischi.
“I media non impattano sulla parte razionale della psiche, ma su quella subconscia: è lì la vera azione, il vero meccanismo. L’elaborazione concettuale viene dopo, ed è comunque secondaria: il campo di battaglia principale è il subconscio”
Perché il lead time è essenziale nel social media marketing
A nostro avviso solo un individuo altamente “centrato” e padrone delle proprie facoltà cognitive, è in grado di beneficiare di tale quantità di informazioni. Per quest’individuo la postmodernità e la postmdedialità, forniscono materia forse “unica” per nutrimento ed “elevazione”.
Un individuo altamente “centrato” sarebbe in grado di beneficiare anche di talune di queste tendenze “mediologico-digitali”, che diversamente da quanto sostiene Sartori – imbevuto di logica razionalistico-moderna – non vanno respinte a priori, bensì “comprese” e “assunte” nella loro essenza più profonda, accettando la sfida che esse pongono.
Ma probabile che sia un numero esiguo di individui a poter usufruire di tali possibilità, mantenendo una propria “centratura” e non facendosi trasportare da questa marea di immagini, dati, informazioni e sensazioni.
E per tutti gli altri?
Per tutti gli altri resta o il “sacrificio” sull’altare della postmodernità, della postmedialità e del postumano[2] , o la possibilità di essere trainati da quegli individui “centrati” che abbiamo appena menzionato.
E quindi ci chiediamo cosa e come fare per disciplinare l’Io, per renderlo consapevole e dunque in grado di districarsi, di beneficiare e di godere dell’era mediatico-digitale.
Innanzitutto, c’è da comprendere l’azione sostanzialmente subconscia dei media e della tecnologia mediatico-digitale più nel complesso, e questo proprio richiamandoci alle caratteristiche stesse della materia con la quale ci si rapporta, come indicato nella prima parte dell’articolo.
I media non impattano sulla parte razionale della psiche, ma su quella subconscia: è lì la vera azione, il vero meccanismo!
L’elaborazione concettuale viene dopo, ed è comunque secondaria: il campo di battaglia principale è il subconscio!
Una volta “preso” lo spettatore, il fruitore o l’agente interattivo del medium dal punto di vista emozionale è poi facile direzionare tale “massa” emotiva in questa o quella direzione.
Ed è in effetti questa la dinamica d’azione di buona parte dell’informazione politica, in questo sta la capacità/forza d’orientamento delle coscienze politiche su questo o quel tema, in questa o quella direzione.
Impattare il subconscio, “prendere” il subconscio, governare il subconscio, il terreno della battaglia delle informazioni, la battaglia delle parole, la battaglia politica dell’oggi.
E per proteggere tale sfera, dalle emozioni del video, in particolare quelle legate alla paura, all’angoscia, o dai pugni allo stomaco dati da certe scene cruente in onda sugli schermi, è fondamentale tenere disciplinata tutta la coscienza personale, in grado a quel punto di difendere le sue parti “inferiori” per cosi dire e di farlo anche durante l’esposizione al video.
E qui signori si entra in un altro campo: è il dominio dello spirito, della scienza dell’Io come affermerebbe il gruppo di Ur[3] , della “scienza della mente” come insegnerebbe il buddhismo, o anche delle pratiche psicanalitiche più all’avanguardia, integrate degli aspetti spirituali come in Carl Gustav Jung o in un Roberto Assagioli.
O viaggiando ad un livello ancor più basso, delle pratiche sull’“intelligenza emotiva”, tanto in voga anche in certi percorsi formativi, compresi quelli scolastici.
L’educazione alla gestione delle emozioni sembra di fondamentale importanza in un mondo come quello di oggi, dove invece proprio le emozioni, e quelle di taglio prettamente negativo, sembrano slatentizzate al massimo, aprendo varchi di ogni tipo.
E non ultimi quelli di tipo subpersonale, subcoscienti appunto, spinte che provengono “dal basso” e che connaturano proprio la realtà odierna e postmoderna, come riferito nella prima parte dell’articolo.
Governare, “padroneggiare” le emozioni, e più complessivamente la sfera dell’“emotivo”.
Portare “luce” nel subconscio, renderlo vigile, desto, schermato, o comunque non eccessivamente oscillante e in grado di riposizionarsi in un “giusto mezzo”, in una centratura originaria.
Centratura diretta dalle facoltà superiori del proprio Io.
Ecco la sfida, per cavalcare l’era mediatico-digitale!
Bibliografia
Eco U., Apocalittici e integrati: comunicazioni di massa e teorie della cultura di massa , Bompiani, 1964.
Maragliano R., Nuovo manuale di didattica multimediale, Editori Laterza, 2007.
Negroponte N. , Esseri digitali , Sperling & Kupfer, 1995.
Sartori G., Homo Videns. Televisione e post-pensiero, Editori Laterza, 2007.
[1] Di Umberto Eco la differenza tra coloro che esprimono critiche di taglio “aristocratico” sulla società e i mezzi di comunicazione di massa (apocalittici), e coloro che invece vi esprimono forme di ottimismo, talvolta ingenue (integrati).
[2] Movimento ideologico-culturale che in virtù del progresso informatico e biotecnologico immagina la trasformazione dell’individuo.
[3] Gruppo, “catena”, volta ad operare esotericamente nell’ambito dell’evoluzione spirituale dei suoi membri, e riguardo l’orientamento delle dinamiche storiche del proprio tempo. Il gruppo di Ur agì a partire dal 1927 e diede vita ad una rivista mensile.