Daniel Casarin: Il tema dell’agile oggi è ancora un valore aggiunto di aziende come 20tab o è diventato uno standard, una commodity dal punto di vista di valore per il cliente?

Gabriele Giaccari: Allora, il tema dell’agile forse ad alti livelli si dà per scontato, ma non è scontato che l’applicazione e la filosofia che ci sono dietro siano realmente comprese nelle aziende che lo cercano. Magari però ad alti livelli è un po’ scontato che l’approccio agile sia favorevole, cioè nel senso partecipando anche magari a bandi più grandi oppure lavorando con clienti più grandi c’è sempre questo tema dell’agile. Quindi è ormai una buzzword di qualche anno fa che ha iniziato a prendere piede, però poi quanto veramente sia applicato bene è tutto un altro discorso. Qui la situazione è piuttosto tragica.

E invece nei clienti più piccoli non è neanche tanto una buzzword. Proporre l’agile a un cliente molto più piccolo, in realtà non sa bene cos’è, infatti non ha neanche il punto di proporgli l’agile o lo scrum, specificando la metodologia… a lui interessa un tipo di approccio che sia più flessibile, che porti risultati tangibili in meno tempo possibile per poi ragionare su possibili evoluzioni future.

È la concretezza poi nell’applicare queste metodologie che interessa a un cliente. Quindi ora non direi che è da dare per scontato perché ad alti livelli come approccio è scontato ma l’applicazione è veramente tragica, a bassi livelli non è neanche ancora una cosa da dare per scontato. I clienti non ne sanno molto, anche se può sembrare assurdo, però effettivamente è un concetto che nel mondo di chi sviluppa software ormai è piuttosto rodato, anche se poi appunto l’applicazione non si sa. Nel mondo di chi non sviluppa software però non lo è. Sinceramente non si sa nemmeno di che si parla quindi insomma bisogna sempre arrivarci in un modo direi quasi “delicato” per cercare di far percepire bene quali sono i benefici reali.

Product Management Day 2023: intervista a Gabriele Giaccari


Daniel Casarin: Proseguendo su questa linea, ad oggi, quali sono le sfide più comuni che stai notando lato cliente nella gestione del mondo prodotto digitale?

Gabriele Giaccari: Allora, i clienti arrivano sempre pensando alla soluzione e mai al problema, quindi arrivano sempre con una lista della spesa di qualcosa che loro si sono immaginati e ti chiedono quella! La domanda quindi che si fa inizialmente è “Perché? Perché hai pensato questa soluzione? Cosa devi farci realmente? Qual è il problema che ti spinge ad aver pensato a questo software, per esempio come risposta?”

E questo cambio di mentalità è probabilmente la cosa più difficile in assoluto. Portare i clienti grandi e piccoli in un approccio mentale per cui ci si concentra prima sull’analizzare il problema, capire bene quali sono le esigenze è meglio, perché poi sviluppare software costerà un sacco di soldi e quindi conviene ottimizzarlo, cioè ridurre al massimo quello che serve. Questo è possibile perché abbiamo capito quali opportunità cogliere e quale funzionalità ci porterà più valore e quello che realmente il cliente vuole fare e il valore che genererà per i suoi utenti. Se capiamo bene questo lo capiamo prima di partire e lo continuiamo a capire man mano che facciamo le cose, analizzando i feedback, il cliente otterrà qualcosa di molto più utile.

Questo più o meno è il discorso che noi cerchiamo di fare a tutti i nostri clienti, che viene recepito molto bene una volta che siamo partiti e iniziano a entrare nel loop delle cose che si fanno e si rendono conto proprio di quello che succede. Ma all’inizio convincerli è veramente dura, perché appunto arrivano con un PDF di 200 pagine dove c’è tutta l’analisi incredibile di qualcosa che solamente a leggerlo ti dico “Va bene, dammi 2 milioni di euro”, il cliente mi dice “Ne ho 100.000”, allora io dico: “Bellissimo questo pdf, bravissimo, ottimo lavoro. Per adesso facciamo finta che non c’è”. Allora capiamo cosa ti serve davvero. Capiamo qual è il problema che vuoi affrontare, capiamo qual è il contesto, qual è il team a disposizione, il budget che hai e vediamo con questo di realizzare qualcosa di minimo e da lì espandiamo.

Poi ci sta sempre quest’ansia anche dei clienti che se non riescono ad avere tutto subito non ce l’avranno mai più. E quindi insomma, è sempre un po’ un dover guidare anche il team stesso del cliente verso questa mentalità che non è per niente comune perché siamo tutti abituati a una mentalità più da project manager dove effettivamente conta una lista di cose da fare, un tempo limite e ti dicono bravo se tu riesci a fare tutta quella lista di cose entro quel tempo ed entro quel budget. Se quella lista di cose ha portato a zero risultati, se quel bottone su quell’applicazione non l’ha cliccato mai nessuno, è un problema che non viene neanche valutato, cioè non esiste nei contratti o anche nella mentalità dei clienti un parametro che dice “Ok, facciamo tutta questa cosa, ma poi alla fine ti valuterò se effettivamente sarà stato efficace”, cioè se ad esempio quelle dieci persone che devono usare l’applicazione per vendere le case poi la riescono a usare. Quindi portare le persone da un atteggiamento a progetto a uno a prodotto è invece quel che conta.

L’obiettivo è faticoso però è quasi una sfida morale per noi. Nel senso, effettivamente nell’altro modo mi sembra sempre di rubare soldi o comunque di fare qualcosa che poi non ha un impatto reale e non mi piace semplicemente.

Quindi la sfida è cercare di far capire l’importanza di questo approccio, che poi può essere condotto meglio o peggio. Ci possono essere tanti strumenti che aiutano, che vanno usati, magari ci si può perdere in troppa analisi iniziale, che anche quello sarebbe un errore però. Come approccio generale poi è efficace quindi di solito i clienti una volta che poi entrano in questo loop lo apprezzano molto, però all’inizio è veramente tosto.

Daniel Casarin: Ti capisco benissimo, perché anche nel nostro ambito è una cosa che cerchiamo di portare anche noi ormai da tantissimi anni, tant’è che infatti uscire dalla logica della “lista della spesa”, del capitolato di gara o altro, è una delle complessità dove si va a valutare solo la lista e non tanto l’obiettivo o altro. Questo è un tema che comincia ad essere molto diffuso. Tornando al tema evento: tra i diversi speaker che abbiamo visto nell’edizione 2023 ci sono diversi esperti in ambito esperienza utente. A tuo parere in quest’ambito dove nell’utilizzo di prodotti digitali è centrale o dovrebbero essere centrali ovviamente il ruolo dell’utente e le sue esigenze, nel 2024 e in futuro come si sposterà questa tendenza lato UX con il tema gestione prodotto digitale? È una tendenza, una moda, è una cosa fondamentale? In che modo stanno reagendo anche i team?

Gabriele Giaccari: Allora mi sembra una cosa fondamentale nel senso che, come abbiamo detto prima, un approccio di prodotto ti porta a dover perseguire gli obiettivi di business accontentando i clienti e gli utenti che useranno quella soluzione. Questo accontentarli significa di fatto metterli al centro e quindi la risposta poi tecnica è quella di lavorare molto sull’esperienza che loro faranno.

Quindi l’esperienza dell’utente all’interno di una soluzione digitale o non digitale in generale è centrale perché se l’utente percepisce il valore che gli si sta dando riesce a utilizzarlo nel modo corretto. Quindi se si tratta di un tema di usabilità e questo prodotto è fattibile tecnicamente, poi tutti i tasselli tornano e quindi l’utente cambierà il suo comportamento utilizzando la tua soluzione in un certo modo e ti darà quei vantaggi che tu ti aspetti.

Quindi la user experience, che è lo studio appunto di come l’utente fa tutto questo viaggio da quando entra in contatto con il nostro prodotto, a quando realizza quello per cui è avvenuto, è essenziale. Ci sono dei temi collegati anche a questa parte di esperienza utente altrettanto importanti che sono emersi nel corso degli anni da Jobs-to-be-Done. È un altro di questi approcci per me super importanti perché mettono al centro proprio la domanda del “Tu che cosa ci devi fare? Noi che problema ti stiamo risolvendo? Perché vieni qua?”.

Capire quello, vuol dire riuscire ad aiutare l’utente il più possibile e quindi poi a realizzare quello per cui uno sta lavorando. Nel corso degli anni c’è stata questa evoluzione, dai prodotti che venivano pensati prima, messi sul mercato e poi la sfida era convincere gli utenti a usarli. Questa sfida si è completamente ribaltata, adesso l’utente è al centro, il mercato ascolta quali sono i problemi degli utenti e cerca di realizzare dei prodotti che gli cambieranno l’approccio, e l’evoluzione della user experience in generale come tema mi sembra che comunque sia stata molto forte e in questo momento, vada ad allargare sempre di più tutte le strategie che si possono fare per essere sempre più inclusivi con gli utenti e aiutarli in questo percorso e da qui ci sono anche temi di accessibilità o temi etici. Quindi, la user experience non è solamente l’esperienza dell’utente standard per fare una certa azione, i temi di accessibilità allargano questo studio al fatto che tutti siano facilitati a compiere certe azioni sulle applicazioni quindi anche tenendo conto di un sacco di fattori appunto di accessibilità, di contrasto colore, di disabilità degli utenti e c’è anche questo tema dell’etica cioè “Ti faccio fare una certa azione, la conseguenza di questo porterà qualcosa di cui comunque come dire culturalmente e socialmente saremo fieri oppure porterà a dei comportamenti che poi in realtà danneggeranno una cerchia di persone oppure una comunità nello specifico?”.

Questo è anche un tema che inizia a emergere soprattutto ultimamente con l’intelligenza artificiale e tutto quanto. Ci sono soluzioni digitali che si basano su soluzioni tecnologiche tipo l’intelligenza artificiale e che sono potentissime ma per esempio potrebbero introdurre dei bias o dei comportamenti sbagliati che noi non vogliamo perpetrare. Quindi anche il fatto di chiedersi se usare una certa base dati e se le cose che vengono fuori sono corrette secondo me è un altro step verso il rispetto dell’utente che comunque è al centro che va oltre ancora quello dell’accessibilità che anche un altro tema importante.

Quindi tutti i temi legati all’esperienza utente che è al centro, sono sempre più importanti e mi sembra sempre più messi in primo piano, per questo anche la presenza di tante persone che hanno competenza in quell’ambito è perfettamente centrata ed è perfettamente in linea con il product management, che è semplicemente un insieme di azioni che un gruppo di persone fanno – product manager, UX expert e un tecnico – si mette in campo proprio per facilitare gli utenti a compiere certe azioni a risolvere i propri problemi attraverso i nostri prodotti e quindi li risolvono anche se sono al centro come studio di un’esperienza delle applicazioni accessibile e sarebbe il caso anche se quello che gli facciamo fare poi sia etico effettivamente non porti a conseguenze nefaste per altri motivi che magari non vediamo subito ma poi ci sono.

Product Management Day 2023: intervista a Gabriele GiaccariL’esperienza dell’utente all’interno di una soluzione digitale o non digitale in generale è centrale. L’utente deve percepire il valore che gli si sta dando.

Daniel Casarin: Arriviamo su un punto che riprende anche la prima domanda sul tema di una formazione dire se vuoi più profonda, avanzata, più strutturata o altro. Ecco il ruolo del product manager attualmente dal punto vista della formazione come si sta evolvendo? Lo chiedo a te che sei tra gli organizzatori di un evento che è così strategico in Italia… La formazione di questi soggetti sta andando nella direzione giusta? Si può fare di più, meglio, diverso? Partendo dal presupposto che la formazione è qualcosa che ovviamente non dovrebbe essere "spot" ma un qualcosa di continuo.

Gabriele Giaccari: Allora visto che effettivamente negli ultimi pochi anni sta diventando un po' una buzzword… sono fioccate anche solo su LinkedIn le ricerche di product manager, che prima non c'erano. Probabilmente chiamavano quelle figure in un altro modo o comunque non erano esattamente quelle figure e quindi risolviamo lo stesso problema magari con altri approcci.

Quindi effettivamente adesso c'è molta richiesta di queste figure e quindi anche la parte di formazione sia sta nascendo - quindi ci stanno varie realtà che hanno fatto corsi, master proprio negli ultimissimi anni, a partire dagli ultimi due tre anni, senza andare troppo indietro - e sia noi stessi abbiamo diversa richiesta dalle aziende per fare formazione interna sui team.

Formazione sull'argomento: che cos'è il product management, perché queste logiche dovremmo applicarle e quindi in cosa beneficiamo. Quindi le aziende iniziano a essere ricettive, a volersi informare, le persone iniziano ad avere tanti corsi a disposizione e sicuramente anche molte persone si stanno avvicinando perché si sente questo fermento. Le manifestazioni e le conferenze iniziano a esserci, i corsi di formazione iniziano a esserci anche in Italia. Prima c'erano, però c'era Product School, c'era Mind The Product, enti enormi che fanno formazione da prima che fosse una cosa famosa anche in Italia, però adesso stanno nascendo anche in Italia e noi percepiamo questo tipo di esigenza effettivamente ora c'è.

Quanto è fatto bene non lo so. Nel senso che è un argomento chiaramente molto vasto e anche solo i tipi di formazione e i tipi di product manager sono vari. C'è chi ha una formazione più orientata al marketing che serve di più per prodotti che magari sono già in fase di crescita e già sono sul mercato e hanno bisogno quindi molto di quell'approccio; product manager più tecnici che magari sono più efficaci in una fase iniziale di ricerca e sviluppo quando il prodotto ancora un mercato neanche ce l'ha, magari anche se è andato ancora sul mercato, ma di fatto lo sta creando da zero e quindi le competenze di marketing arriveranno poi, ma all'inizio servono molto più quelle tecniche per capire quali, quali feature mettere e quali no, come realizzare le cose e come rendere questo un backlog.

E da qui c'è anche un altro tema, cioè quello della differenza tra product owner e product manager che potrebbe essere un argomento troppo vasto adesso, però in generale io lo vedo come lo stesso ruolo, cioè splittare le competenze tra chi si occupa più della parte strategica - che di solito viene indicato come product manager - e chi più della parte operativa proprio di backlog e contatto col team - che di solito mi ha indicato product owner - mi sembra un anti pattern perché abbiamo comunque un flusso di informazioni che dall'alto, senza troppa contezza di quello che succede a un livello più tecnico, viene imposto poi a un team. E invece il gioco è proprio il contrario, cioè uno stesso team, aiutato da una persona che aiuta a tenere il focus, poi risolve dei problemi di cui ha una contezza diretta e sceglie strategie in base a quello che riceve come feedback dagli utenti.

Quindi su questo tema non so quanto siamo ancora avanti. Nella realtà io vedo un po' due correnti in questo momento: chi viene più dal mondo dell'agile - che quindi ha una visione di questo ruolo più tecnica effettivamente, e poi anche avere competenza nella parte strategica - e chi invece si concentra moltissimo sulla parte strategica ma poi di quello che c'è sotto non ha tutta questa preparazione e quindi non riesce a mettere le cose a terra.

Questa preparazione così completa non lo so adesso chi la offre sinceramente, però vedo chi fa corsi venendo più dall'agile, chi fa corsi venendo più invece dalle start up o dai wannabe imprenditori che invece si focalizza molto più sulla parte strategica - capisco il perché - però io vedo questo ruolo come molto complesso e molto unito quindi effettivamente devi saper tirare fuori dai tuoi stakeholder o dalle persone che sono interessate a questo prodotto i perché, le strategie.

Saper calare queste strategie negli impatti che vuoi generare, saper decidere che soluzioni adotterai e studiare le opportunità che ti vengono offerte dagli utenti. Quindi io provo a fare questa soluzione perché l'ho pensata ieri? No! Ci provo perché gli utenti mi hanno detto questo e quell'altro: mi hanno detto che hanno difficoltà a fare una cosa, mi hanno detto che desidererebbero fare quest'altro.

In base all'esperienza che gli utenti hanno tu trovi dove migliorarle, anche questa parte un product owner deve saperla gestire, perché è fondamentale e però poi anche andare sotto: quindi va questa soluzione come la generiamo e poi come organizziamo? Quindi non è per niente facile.

Tornando alla parte della formazione non so quindi la formazione così completa adesso chi la dà però sicuramente ci stanno un sacco di corsi e master che iniziano a occuparsene e molta richiesta sia di persone che vogliono diventare product manager sia di aziende che cercano questo ruolo, non so quanto consapevolmente, però almeno intanto iniziano a cercare, che comunque mi sembra un passo in avanti!

Daniel Casarin: Ok, ok Gabriele, grazie ancora per il tuo tempo a disposizione. Ci vedremo sicuramente all'evento. Grazia, lascio chiudere anche a te.

Grazia Sigismondo: E grazie mille, Gabriele, grazie Daniel e ringrazio gli utenti che stanno visionando questa intervista e quindi bene, ci vediamo presto a Firenze!

Gabriele Giaccari: Grazie a voi e ci vediamo a Firenze!

Product Management Day 2023: intervista a Gabriele Giaccari

Daniel Casarin, imprenditore ed analista indipendente, si dedica al mondo della comunicazione, del marketing, del business design e della trasformazione digitale. Con oltre 20 anni di esperienza, esplora l’impatto delle tecnologie emergenti in ambito economico e organizzativo. Attraverso Adv Media Lab e altre iniziative imprenditoriali, collega la sua expertise multidisciplinare al mondo dell’impresa.

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