Supply chain analytics e business demand: l'impatto del Coronavirus

Daniel Casarin

Pubblicato da Daniel Casarin

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In periodi di ordinaria amministrazione le aziende possono formulare previsioni e muoversi con anticipo, talvolta largo. Mai come oggi i processi di supply chain sono stati tanto “chirurgici” e basati su studi ed analisi precise. Il campo visivo delle aziende non è mai stato ampio come ai nostri giorni.

Ma da quando il Coronavirus ha fatto la sua comparsa sulla scena mondiale la situazione è cambiata. Le aziende hanno perso parte delle loro certezze riguardo l’organizzazione dei processi di supply chain e non sanno bene come muoversi. Analisi e modelli specifici sono vanificati (o quanto meno minati) dall’incertezza che il Coronavirus genera a tutti i livelli.

Dal canto suo, la Cina tenta di “spingere” la produzione per arginare almeno in parte gli effetti che la pandemia ha avuto sull'economia. Da questo punto di vista, il Coronavirus è il proverbiale cigno nero che mescola all'improvviso le carte in tavola, abbattendosi su produzione e domanda, sia in Cina che nel resto del mondo.

Vediamo in che modo questo avviene, e come gli aspetti di supply chain e business demand sono stati colpiti e modificati dalla comparsa del virus.

 

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Impatto del Coronavirus sulla supply chain

Si stima che la situazione di emergenza creata dalla diffusione del Coronavirus abbia generato un livello di interruzione del 40-60 % nella supply chain e nelle vendite relative agli ambiti di elettronica di consumo, prodotti confezionati, industria automobilistica, prodotti farmaceutici e beni durevoli.

Si può parlare senza timore di esagerare di una sorta di inaspettato effetto a catena che ha inesorabilmente travolto il mercato mondiale. Le analisi aziendali non possono comprendere la situazione al punto da rendere verosimile una qualsivoglia previsione per i prossimi due o tre trimestri.

Una pericolosa interruzione

Con lo scoppio dell’emergenza determinata dal Coronavirus, i produttori di elettronica di consumo, d’automobili, le aziende farmaceutiche e le società di eCommerce (in particolare quelle che vantano rapporti diretti con la Cina) stanno vivendo una situazione particolare, caratterizzata come dicevamo da un’interruzione del 40-60% nelle loro supply chain e previsioni di vendita.

Le principali case automobilistiche dell'area Asia-Pacifico e i produttori di elettronica ed elettrodomestici statunitensi hanno ridimensionato ampiamente le proprie previsioni di vendita per quest'anno.

Preoccupati, stanno provando a reindirizzare i loro sforzi in territori esterni alla Cina, attraverso la creazione di nuovi stabilimenti produttivi e di contatti con nuovi partner con cui avviare inediti rapporti commerciali.

Per molte aziende che sviluppano campagne di marketing a lungo termine e destinano miliardi di dollari alla promozione di prodotti su scala mondiale, una diffusa interruzione nel processo della supply chain può generare un effetto a catena sulle vendite a breve-medio termine.

Sarà necessario attendere due o tre trimestri per capire l’impatto effettivo del Coronavirus sul mercato relativamente agli aspetti in questione. Le aziende più vulnerabili e meno attrezzate dovranno a quel punto rendersi il più possibile dinamiche ed agire rapidamente, per apportare modifiche efficaci in tempi ragionevoli.

Come potrebbero reagire le aziende?

Secondo che modalità le aziende modificano le proprie campagne di marketing e sales process in periodi emergenziali?

Solitamente le aziende implementano un sistema di analisi e marketing mix modeling (MMM) per misurare l’impatto che i fondi stanziati per il marketing hanno avuto e hanno sui risultati di vendita.

Il problema sta nel fatto che in una situazione “normale” un qualunque data scientist team impiega mesi per valutare gli effetti di una campagna di marketing e per determinare se sono necessari più o meno investimenti per promuovere il prodotto.

Sfortunatamente, come il Coronavirus ha ampiamente dimostrato, le aziende non hanno a disposizione mesi di tempo prima di agire sulle campagne di marketing e sui processi di vendita. Le modifiche devono essere il più immediate possibile, come sa bene chi ha competenze ed esperienza in questo settore.

Alcune campagne potrebbero richiedere rallentamenti o rinvii, attendendo che i processi di supply chain si riprendano in maniera sufficiente da eventuali interruzioni.

Nuove possibilità dall’automated marketing mix modeling

Con l’automated marketing mix modeling sono diversi i vantaggi che possono essere valutati in risposta a scenari potenzialmente distruttivi. Adottando questo approccio, le aziende possono accelerare il tempo necessario per misurare e analizzare le campagne di marketing, prendendo provvedimenti “scattanti” senza sprecare tempo prezioso.

Come agire?

  1. Adattarsi immediatamente alle mutevoli condizioni del mercato per capire in maniera ottimale quali campagne di marketing vanno chiuse o quantomeno reindirizzate verso altre aree geografiche. In questo modo si garantisce la vendita dei prodotti e la brand reputation.
  2. Sviluppare simultaneamente campagne di vendita / marketing per testare le prestazioni di un prodotto su mercati nuovi rispetto a quelli che vivono la situazione di emergenza
  3. Cercare rapidamente nuovi e sensibili target e micro-target di nicchia a cui vendere i propri prodotti / servizi
  4. Sospendere temporaneamente le vendite di prodotti a determinati target e in particolari zone geografiche per garantire la sicurezza dei prodotti e conseguentemente la salute dei clienti

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Casi studio in un clima di incertezza

Come dicevamo, il diffondersi del Coronavirus ha ridotto le prospettive di profitto, ampliando in negativo i range di guadagno. Persino i metodi d’analisi tecnologicamente più all'avanguardia non riescono ad offrire proiezioni certe o quantomeno affidabili.

AI, Machine Learning e IoT ai tempi del Coronavirus

LIntelligenza Artificiale e il Machine Learning offrono ai manager della supply chain la possibilità di monitorare in tempo reale le condizioni del processo. Danno loro inoltre la possibilità di rilevare i problemi e di affrontarli in modo proattivo e rapido, per evitare il blocco del meccanismo.

Con Machine Learning (tradotto talora in italiano come apprendimento automatico) si intende una branca dell'Intelligenza Artificiale che si occupa dello sviluppo di algoritmi e tecniche che consentono ai computer di imparare in “autonomia”. In relazione ai processi di supply chain, l’apprendimento automatico assume i connotati di un metodo d’analisi dati che automatizza la costruzione di modelli analitici per elaborare previsioni al più presto.

IoT è invece l’acronimi di Internet of Things, letteralmente l’Internet delle Cose. L’IoT vuole estendere agli oggetti del mondo reale la capacità di raccogliere, elaborare e scambiare dati in rete proprio come se altro non fossero che dispositivi digitali.

Questo permetterebbe di migliorare monitoraggio, controllo e automazione degli oggetti “in rete”.

L’Internet delle cose beneficia degli sviluppi nei campi dell’elettronica e della comunicazione wireless per abilitare o incrementare le capacità digitali e di comunicazione di oggetti come elettrodomestici, telecamere, termostati, sistemi di fabbrica, veicoli, sanitari…

La domanda da porsi è la seguente: possono l’Intelligenza Artificiale, il Machine Learning e lo svilupparsi dell’IoT prevedere l’andamento futuro di situazioni che non hanno precedenti nella storia? Molto probabilmente no.

In parole semplici, i modelli attualmente adoperati presentano troppe variabili per far sì che Wall Street possa trarne proiezioni concrete sugli introiti.

Cupertino in quarantena

Apple, così come altre compagnie impattate dal Coronavirus, ha affermato che sua preoccupazione primaria è la salute dei propri lavoratori e partner in Cina, senza nascondere però il timore per la situazione che potrebbe venirsi a creare nei prossimi mesi per il fenomeno Coronavirus.

Apple ha dichiarato che le entrate del prossimo trimestre non corrisponderanno senz’altro alle stime precedentemente fatte, ma non ha saputo fornire range attendibili di guadagno.

Apple ha un problema di supply chain e un problema di domanda, in quanto la preoccupazione per il Coronavirus rende incerta la stima di quest’ultima. Nonostante le parole pronunciate da Tim Cook la settimana scorsa, a Cupertino sembra aleggiare una qualche preoccupazione per il futuro più prossimo della mela morsicata.

Le preoccupazioni di Apple ruotano principalmente attorno a due dati:

  1. Nell’ultimo periodo la domanda di iPhone su scala globale è andata sensibilmente ridimensionandosi
  2. La domanda dei prodotti della mela morsicata in Cina è notevolmente diminuita, e quasi tutti gli store della Apple e dei suoi partner sono stati chiusi

Nonostante la situazione stia a poco a poco tornando alla normalità, Apple ammette che ci vorrà del tempo e che non è possibile quantificare, data l’imprevedibilità degli sviluppi della situazione, a quanto ammonteranno i guadagni per il prossimo trimestre.

Al momento è stata rimandata ad aprile qualunque dichiarazione a riguardo, quando i vertici dell’azienda incontreranno partner e distributori del resto del mondo.

Analog Devices e il caso Walmart

Walmart è la più grande catena al mondo nel canale della grande distribuzione organizzata. Possiede circa 12mila negozi divisi tra 27 stati, di cui circa 5mila solo negli USA.

La CEO della catena Judith McKenna ha affermato che Walmart riesce a destreggiarsi abbastanza bene nella situazione di mercato provocata dal Coronavirus, sebbene quest’ultima resti molto fluida e dai contorni non definiti.

Questo grazie ad un’organizzazione impeccabile dei processi di supply chain anche prima dell’emergenza Coronavirus.

Walmart conosce perfettamente e al dettaglio le necessità di ogni store della catena, e per questo motivo può prevedere con maggiore precisione quali saranno le loro esigenze anche in un periodo particolare come quello attuale.

Un’attenzione tanto “ossessiva” per i dettagli, sostiene la McKenna, può aiutare a meglio predire l’impatto che un’evenienza come il Coronavirus avrà sul futuro di una azienda.

Analog Devices o ADI, multinazionale del Massachusetts specializzata in trattamento e conversione di segnali, si trova in una situazione simile a quella della Walmart. Il CFO Prashanth Mahendra-Rajah ha detto che i processi di supply chain dell’azienda non hanno subito colpi troppo duri ma che, non troppo sorprendentemente, la domanda in Cina è calata.

Si aspetta inoltre che questa resti assai bassa per tutto marzo prima di tornare a regolarizzarsi poco alla volta.

La ADI sta inoltre valutando l’entità dell’impatto che avrà sull'attività di comunicazione dell’azienda un eventuale ritardo nell'implementazione del 5G.

Pertanto, mentre è difficile tentare una previsione delle dinamiche aziendali dei partner cinesi, la ADI si prepara cercando di valutare nella maniera più precisa possibile tutte le possibili conseguenze del fenomeno Coronavirus.

Verso una Web Analytics prescrittiva

La web analytics è cambiata in maniera netta negli ultimi anni. Dai suoi fondamentali (visualizzazioni, casi di successo e dashboard) è passata a strategie più stratificate, complete di metodi di content recommandation e previsioni degli esiti.

È per molti giunta l’ora che l’analytics e il marketing diventino prescrittivi e che non restino esclusivamente reattivi come sono ancora e perlopiù oggi.

Mahendra-Rajah ha dichiarato che Analog Devices stima di avere un fatturato da 70 milioni di dollari nel secondo trimestre del 2020.

Tale cifra deriva essenzialmente dal fatto che a febbraio in Cina si è assistito ad un drammatico blocco nelle attività industriali, automobilistiche e di consumo. È plausibile perciò che appena cessato lo stato d’emergenza andrà a verificarsi una ripresa “col botto”.

La società ha inoltre calcolato che la sua comunicazione finirebbe al tappeto se l’implementazione del 5G dovesse infine essere posticipata.

La speranza per Analog Devices, Apple, Walmart e altre colonne del mercato è una sola, e cioè che la domanda cresca e che nel 2020 ci sia abbastanza tempo per recuperare un febbraio perduto.

Bisogna quindi capire quando si potrà essere pienamente operativi anche in Cina, e cioè quando gli operai potranno tornare al lavoro e saranno abrogate le misure contro il virus in precedenza prese.

Il CFO di Wedbush, colosso statunitense di servizi finanziari, ha dichiarato che non è ancora chiaro come verranno evase la domanda e l'offerta.

Le domande principali riguardano comunque l’entità della richiesta una volta che il fenomeno Coronavirus si sarà esaurito. Sarà possibile tornare alla normalità? Se sì in che tempi? Ci sarà una diminuzione della domanda cagionata da un mutato comportamento della popolazione cinese dopo l’epidemia?

L'unica certezza è che qualcosa nel comportamento dei cinesi in relazione al loro modo d’acquistare cambierà.

Yong Zhang CEO del colosso eCommerce Alibaba, ha osservato come ormai quasi diciotto anni fa, in relazione al regredire della SARS, le attività di eCommerce registrarono un’incredibile crescita.

“Riteniamo che le avversità – ha continuato Zhang – avranno come conseguenza un mutamento nei rapporti tra consumatori e imprese, offrendo nuove ed imprevedibili opportunità […] Siamo fiduciosi nella digitalizzazione dell'economia e della società cinese in corso, e siamo pronti a vedere l'opportunità di costruire le basi per la crescita a lungo termine dell'economia digitale di Alibaba”.

 

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La situazione in Europa e Italia

Ma quali sono gli effetti del Coronavirus sulla produzione europea e in che modo è possibile uscire dalla crisi che questo ha generato sul mercato?

Cina ed Europa

Abbiamo visto che, nonostante il ridimensionamento dell’emergenza, l’industria non ha ancora capito bene come potrà, nel futuro più prossimo, fronteggiare l’impatto enorme che il Coronavirus ha avuto su supply chain ed esportazioni. Il governo cinese ha annunciato che l’80% delle aziende di Stato e il 70% di quelle private ha ripreso le attività. Sulle linee c’è però al momento soltanto il 20% della forza lavoro totale, e per alcuni settori (vedi quello tessile) solo il 10%.

L’Europa importa dalla Cina tutti i componenti hi-tech, alcune molecole che vengono usate nel farmaceutico, le materie prime tessili per il settore fashion e quasi tutti i prodotti che riguardano automotive, telecomunicazioni e meccanica.

Alcune fabbriche di Lombardia e Veneto hanno già chiuso per precauzione o per la paralisi delle catene di rifornimento. La situazione non è certo rosea, visto che da loro dipende il 40% della manifattura italiana. Anche le aziende che puntano sulla produzione just-in-time si trovano in notevole difficoltà e sempre più prossime al collasso per via del blocco dei processi di supply chain.

Geoaudit

Abbiamo detto che la conseguenza più immediata del Coronavirus sulla produzione è il blocco dei processi di supply chain. Una strategia per evitarlo potrebbe essere quella del Geoaudit, una procedura prudenziale grazie a cui i risk manager possono monitorare le variazioni del mercato e la loro probabilità.

Questo permetterebbe di prevedere in anticipo il momento in cui potrebbe emergere un problema (un embargo, una guerra civile o, come in questo caso, un’epidemia), prima che questo si aggravi.

Il Geoaudit richiede competenze specifiche ed un investimento importante anche da un punto di vista economico.

Se però si prendono in considerazione le conseguenze di un potenziale danno economico derivante da una situazione critica, ci si rende conto che l'investimento per l’audit diventa il male minore. Ovviamente le procedure per condurre e mantenere attivo un audit sono decisamente complesse, ma in un mondo in cui ogni minimo cambiamento può avere un impatto significativo o debilitante sull'economia globale, dovrebbero cominciare a venire considerate necessarie se non vincolanti.

Il mondo è Cina-dipendente

Il Coronavirus ha reso molto chiaro un fatto, e cioè che da un punto di vista economico tutto il mondo è ormai Cina-dipendente.

Per quanto riguarda alcuni ambiti si può acquistare la materia prima altrove ma, come già detto, se si necessita di un componente hi-tech o di un microchip lo si può far arrivare solo dalla Cina. In tal caso, infatti, oggi non esistono alternative.

La Cina può essere pertanto considerata la fabbrica del mondo. Ha indiscutibilmente il monopolio su certi settori (elettronica, telecomunicazioni, pharma e componenti chimici), e questo in tempi “normali” non rappresenterebbe certo un problema. La Cina ha negli ultimi decenni palesato la ferma volontà di diventare il punto di riferimento per molti settori, elaborando una vera e propria strategia politica ed industriale finalizzata a tal scopo.

Ma in un orizzonte in cui regna l’incertezza, qualche segnale su un eventuale possibile epilogo positivo della vicenda arriva propria dalla nazione di Shanghai. Multinazionali come Bmw, Volkswagen e Honda hanno riaperto i loro impianti produttivi e questo è senz’altro un segnale incoraggiante. Se le aziende internazionali riprendono a lavorare vuol dire che esistono informazioni credibili circa una fase di retrocessione della pandemia.

Il ruolo del risk manager e le parole di Lowe

Sul sito dell’ANRA, Associazione Nazionale dei Risk Manager, possiamo leggere che il Risk Manager è una figura professionale che si dedica alla gestione integrata dei rischi aziendali che possono avere un'influenza sugli obiettivi strategici prefissati dalla direzione (rischi finanziari, operativi, strategici, di legal & compliance).

Compito del Risk Manager è pertanto quello di individuare e analizzare i potenziali rischi in cui può incorrere l’azienda per ottimizzarne la gestione, in linea con la linea scelta dal top management e con le capacità finanziarie dell’azienda.

Secondo Mark W. Lowe, importante socio ANRA, l’economia sta attraversando un periodo in cui il risk manager ha un ruolo determinante ma nel contempo una sfida molto difficile da affrontare. Dice Lowe: “Lo scenario è tra i più complessi perché è a rischio la sicurezza non solo dei dipendenti e dei collaboratori, ma anche la business continuity e la sopravvivenza stessa dell’azienda”.

Il problema nasce dal fatto che la supply chain è ancora a rischio perché, nonostante la Cina abbia ripreso a produrre, “permane un problema di logistica, per cui componenti e materie prime devono arrivare in Germania e in Italia, attraverso il trasporto via terra, su gomma o ferrovia e soprattutto via mare. Ci vorrà del tempo perché tornino alla normalità i porti cinesi che sono maggiormente utilizzati per l’export verso l’Europa”. È facile immaginare, dunque, che i ritardi proseguiranno anche dopo la ripresa delle attività produttive.

Quel che secondo Lowe è necessario fare ora è capire quali sono i Paesi da monitorare perché il non farlo metterebbe a rischio i processi di supply chain su scala globale Una volta trovati questi Paesi, è fortemente raccomandato il controllo in tempo reale dell’intera catena di rifornimento che da loro origina.

Afferma Lowe: «Poniamo che io fabbrichi orologi a Genova: mi rifornisco del cinturino di cuoio in Toscana. Il vetro lo faccio fare ai tedeschi e la parte elettronica in Cina. Se mi sfugge che c’è un pezzo, per esempio le lancette, che vengono prodotte in Albania e poi assemblate in Cina sul kit, ho un bug nel monitoraggio. Un terremoto, un golpe o la decisione ministeriale albanese che blocca la produzione di lancette perché usano una sostanza inquinante per illuminarsi di notte: sono tutti eventi possibili e se capitano devo essere in grado di correre ai ripari in tempi rapidi. Se non ho un controllo completo e minuzioso di tutta la catena, il rischio per la business continuity è enorme!”

Non è facile determinare (tanto meno con precisione) gli scenari che il Coronavirus andrà a determinare nei prossimi mesi.

Se la tua attività è stata toccata in qualche modo da questa particolare emergenza, l’unico consiglio che possiamo darti è quello di seguire in tempo reale l’evolversi della situazione, mettendo in pratica i consigli che ti abbiamo fornito nell’articolo.

 


In caso di necessità non ci stancheremo mai di ripeterti di rivolgerti a professionisti del settore, gli unici in grado di consigliarti al meglio circa gli step da seguire per mantenere florida ed in salute la tua attività!

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