Il titolo parla chiaro. Siamo ormai in un'era in cui l'automazione la fa da padrona e se c'è una tecnologia che rappresenta il baluardo dell'intelligenza artificiale in tutte le sue sfaccettature ed è tangibile a tutti (cliente incluso), sono i chatbot.
Abbiamo incontrato Antonio Giarrusso, Founder & CEO di Userbot, che ha tenuto un talk molto entusiasmante a Campus Party 2018, uno dei più grandi eventi di innovazione e tecnologia mai visti in Italia, che ha portato ad incontrarsi più di 2.000 persone, tra studenti universitari, imprenditori e speaker italiani e internazionali.
Parlando con Antonio, si è capito subito quanto possa essere appassionato di tecnologia e programmazione: è stato, infatti, il creatore di iMatematica (la famosa applicazione che aiuta gli studenti nella materia), il frutto di anni ed anni passati davanti ad un computer e uno studio da autodidatta nella sua cameretta a Caserta.
Dopo essersi trasferito a Londra per alcuni anni dove ha fondato Mobixee, la sua società di sviluppo, ha deciso di ritornare in Italia.
La crescita della società è stata così esponenziale quanto le richieste di supporto, che essendo troppe, erano diventate insostenibili in termini di risorse.
Nasce, quindi, l'idea di Userbot.ai, una soluzione che permette di risolvere quest'esigenza, ben spiegata in questo breve video qui sotto di un paio di minuti.
- Ovviamente, non potevamo mancare di fare qualche domanda ad Antonio, che è stato ben contento di risponderci. I bot che installate sono tutti standardizzati o sono personalizzati e/o personalizzabili per il cliente?
Al momento il nostro servizio è molto “sartoriale”, ogni Intelligenza Artificiale ha un suo modo di conversare e di interfacciarsi con gli utenti in base al cliente o all'ambito di applicazione. Ovviamente dipende molto dall'addestramento iniziale e da come il cliente vuole far comunicare il suo brand. Uno dei maggiori vantaggi di questa tecnologia è proprio quella di avere un’esperienza personalizzata attorno all'utente.
- La tecnologia implementata riesce anche a capire l'ironia, o tutto ciò che con un linguaggio paraverbale può significare altro rispetto a quanto si afferma a parole?
Attualmente la nostra tecnologia di sentiment analysis non è ancora in grado di capire il sarcasmo o l’ironia, ci sono degli studi in proposito ma i risultati sono ancora lontani dall'essere funzionali in un contesto reale.
La nostra tecnologia riconosce
lo stato d’animo anche da emoji, emoticon, punteggiatura, in cui possiamo
individuare felicità, rabbia, frustrazione, e l’AI può avviare delle azioni di conseguenza.
Per esempio se l’utente è felice, alla fine della conversazione lo si può invitare a
rilasciare un feedback positivo, mentre se è arrabbiato può provare a calmarlo e girare
la chat ad un operatore umano. Secondo noi, una vera AI per funzionare bene deve
essere empatica.
- L'ideale, oltre al NLP, è riuscire a fare in modo che il chatbot capisca chi “ha davanti”: un adulto, un bambino, una donna, o anche altri fattori culturali (inglese o americano). Quanto disposto da voi riesce a contestualizzare, oppure sta andando in questa direzione?
È molto complesso capire chi si ha davanti solo da una serie di messaggi di chat, ma Userbot è in grado di raccogliere informazioni sull'utente da vari canali e personalizzare l’esperienza di conversazione. Per esempio se l’utente è loggato sul sito internet su cui è installata la nostra chat, il sito può linkare quelle informazioni a Userbot che quindi viene a conoscenza di vari parametri utili, come le preferenze d’acquisto o lo storico delle conversazioni. Funziona esattamente come con i rapporti umani: più conosciamo una persona, meglio possiamo aiutarla.
- Dite ai clienti che la “persona” con cui stanno parlando è un chatbot e che quindi devono esser pronti ad eventuali errori?
Ad oggi diamo alle aziende la scelta se dichiarare o meno che la “persona” con cui i loro clienti interagiscono sia un’Intelligenza Artificiale. Comunque se Userbot non sa rispondere a una domanda, gira la conversazione a un umano ed è tutto seamless, spesso l’utente finale non se ne accorge. Vogliamo sempre evitare il messaggio “Non ho capito la domanda”, che genera solo ulteriore frustrazione nell'utente, tipico dei classici chatbot.
- Secondo voi, i chatbot riusciranno ad attecchire in Italia a breve termine? Da quali settori state partendo?
Credo che i chatbot verranno utilizzati sempre più dalle aziende in Italia, dato che stiamo passando dall'era della digital transformation a quella dell'automation revolution, ci sono ancora tanti processi aziendali che possono essere migliorati e automatizzati con l’uso dell’intelligenza artificiale.
Nel nostro caso specifico siamo partiti dal settore del customer service, sia per un’esigenza interna ma anche perché è il settore su cui si notano da subito i migliori benefici.
Oggi infatti gli operatori umani vengono utilizzati come macchine per rispondere sempre alle stesse domande migliaia di volte. Inoltre oggi i consumatori pretendono un’assistenza clienti molto rapida e sempre disponibile. La cosa migliore della nostra tecnologia è che può essere utilizzata anche in altri processi aziendali, come il marketing automation, prenotazione appuntamenti, tracciamento ordini e così via.
- La vostra tecnologia è adattabile a dispositivi a comandi vocali?
Certo, basterebbe implementare una tecnologia di speech-to-text. Ma per il momento non supportiamo i comandi vocali, anche se sono stati fatti enormi passi avanti, questo tipo di tecnologia attualmente è ancora molto immatura e l’esperienza utente è spesso frustrante. Basti pensare a Siri, uno degli assistenti vocali più evoluto che spesso non riesce a comprendere i nostri comandi.
Ci stiamo già muovendo però per siglare partnership con alcune aziende che si occupano di sviluppare queste tecnologie e prossimamente sarà supportata anche da Userbot.
- Nel B2C, un errore conversazionale potrebbe rappresentare la perdita di un cliente, ma nel B2B, di una partnership o di un rapporto di fornitura. Come si comporta il chatbot in questi casi? E come viene visto dalle aziende il fatto di parlare con un’intelligenza artificiale?
La nostra intelligenza artificiale non risponde in maniera errata.
Quando il chatbot non è sicuro della risposta scala su un operatore umano, e quando lui risponde, Userbot impara cosa dire la prossima volta.
Tutte le aziende possono impostare dalla propria Dashboard il livello di confidenza con cui Userbot può rispondere. Per esempio con una confidenza al 90%, Userbot risponderà solo se è sicura al 90% che quella risposta sia giusta, in base al significato della frase e alla somiglianza con frasi già addestrate.
Nel customer service in particolare, l’utente arriva in chat quando ha già un problema
ed è già frustrato o arrabbiato, il nostro scopo è migliorare l’esperienza utente e per
farlo dobbiamo evitare di dare risposte errate o fuori contesto.
- Google Duplex ha dato un buon esempio di intelligenza artificiale che riesce in maniera strabiliante ad eseguire comandi che comunemente un chatbot non riesce a fare. Credete che l'assistenza ai clienti sarà resa artificialmente intelligente su questa scia?
Google Duplex ha dimostrato che gli umani possono essere ingannati da un’AI e che questa può essere in grado di tenere una conversazione vocale moderatamente complessa.
Mi riservo di provare la tecnologia prima di dare una mia impressione definitiva, ma non mi sorprenderebbe se tra 10 anni parlare con un’AI diventasse lo standard in tutti i settori.
Se vuoi approfondire l'argomento segui questi link:
- Il futuro delle vendite è nell'intelligenza artificiale
- Come aumentare i risultati del tuo eCommerce con l’intelligenza artificiale
- Come l'intelligenza artificiale sta cambiando il marketing