Il (vero) benessere sul lavoro e il modello PERK

Silvia Salese

Pubblicato da Silvia Salese

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Spesso sentiamo le persone lamentarsi del loro lavoro. Molte lo accettano, diverse lo tollerano, ma per qualcuno è addirittura insopportabile. Poche sono le persone che amano ciò che fanno per vivere e le persone con le quali collaborano, dove spesso le dimensioni non vanno di pari passo: “Mi piace quello che faccio ma non le persone con le quali devo farlo” oppure “Odio il mio lavoro e rimango solo perché ho dei colleghi fantastici”. Nei tempi attuali siamo spesso esausti e mai abbastanza sicuri finanziariamente per rilassarci. In questo scenario, è possibile parlare di benessere sul luogo di lavoro? E in quale modo?

Sopraffatti da richieste che ci sembrano irragionevoli, spesso ad ogni ora, abbiamo sovente la sensazione di essere esausti, non apprezzati né riconosciuti, alle prese con compiti più grandi di noi e persone troppo complicate per le nostre forze.

Diverse ricerche degli scorsi anni hanno misurato la percentuale della popolazione che si trova in questo stato. Dando un’occhiata ai numeri, troviamo che per una percentuale compresa tra il 55 e l'80% è normale vedere il lavoro come qualcosa da sopportare, non da godere.

Lavoriamo tutto il giorno, poi torniamo a casa, mangiamo qualcosa, cerchiamo di trovare un equilibrio tra lavoro e vita privata partendo dal presupposto che il lavoro riguarda lo stress (e il sostentamento) mentre il resto della nostra vita è dove coltiviamo la felicità e la vita che per noi conta davvero. Le cose si complicano per chi lavora da casa in smart working, dove le occasioni per “staccare” sono ancora meno.

Eppure questa prospettiva non concorda con l'esame scientifico.

Diversamente da questa visione, che imporrebbe di vivere due vite diverse per sopravvivere, non è supportata pienamente dalle prove provenienti da studi di psicologia, leadership, management e persino neuroscienze. La ricerca attuale afferma infatti che non solo è possibile trovare la felicità sul lavoro, ma che farlo è inequivocabilmente positivo per la persona e per il lavoro stesso.

Infatti, i dipendenti più felici ottengono risultati migliori su tutti i fronti, dalla salute quotidiana alla produttività e all'avanzamento di carriera, e questo migliora costantemente i profitti dell'intera organizzazione.

È dunque possibile cambiare la nostra prospettiva del lavoro e sul lavoro? E come possiamo rendere la nostra vita lavorativa più soddisfacente, come qualcosa che contribuisce in modo significativo alla nostra felicità nella vita?

Ecco di cosa ci occuperemo in questo articolo:

 

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Cosa significa benessere sul lavoro?

All’interno dell’Università della California, Berkeley, esiste un’organizzazione che fornisce un ponte tra la comunità di ricerca e il pubblico in generale: il Greater Good Science Center. (1)

Il centro sostiene la scienza indirizzata alla felicità delle persone, ai fattori che servono per riprendersi dalle avversità, a come creare legami sociali stretti e di supporto e a fare in modo di sentire che la proprio presenza nel mondo sia importante.

La ricerca di Berkeley non considera la felicità uno stato emotivo momentaneo come il divertimento, il piacere o l'orgoglio, che ci fa sentire soddisfatti momentaneamente e spesso a scapito di qualcun altro. Piuttosto, a Berkeley viene definita ed esplorata la felicità come una condizione di benessere globale, una qualità di vita ricca di una varietà di emozioni, inclusi anche episodi di rabbia, tristezza e stress.

Sebbene non sia l'ideale che queste emozioni più impegnative durino troppo a lungo o abbiano troppa influenza su come pensiamo, essere derivano da situazioni che spesso sono quelle che alimentano l’indirizzo della nostra vita e che ci portano a raggiungere un contatto significativo con gli altri.

 

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Emiliana R. Simon-Thomas, direttrice del "Greater Good Science Center", insieme a Dacher Keltner, professore di psicologia della California University, hanno introdotto e sviluppato un approccio chiamato "The Science of Happiness", che definisce la felicità sul lavoro in termini molto chiari:

  • Provare un senso generale di piacere al lavoro
  • Essere in grado di gestire le criticità
  • Sapersi interfacciare amichevolmente con colleghi, colleghi e clienti
  • Sapere che il tuo lavoro è importante per te, la tua organizzazione e oltre

Con questa definizione in mente, il benessere sul lavoro è stato collegato a quasi tutti i risultati desiderabili che individui, luoghi di lavoro e organizzazioni possono sperare. Vale a dire: solo chi è felice riesce a raggiungere i risultati sperati senza danneggiate se stessi.

Esistono infatti prove, che abbracciano decenni di ricerca, che il benessere soggettivo dei lavoratori (Subjective Well-Being - SWB), inclusa la soddisfazione della vita, la soddisfazione sul lavoro e l'affetto positivo, è correlato positivamente con le prestazioni dei lavoratori e delle organizzazioni.

In particolare, i lavoratori con un alto livello di SWB hanno:

  1. Migliore salute
  2. Minore assenteismo
  3. Maggiore capacità di autoregolazione
  4. Maggiore motivazione
  5. Maggiore creatività
  6. Relazioni maggiormente positive
  7. Minore turnover (2)

La ricerca mostra che l'impatto degli affetti positivi sulla risoluzione creativa dei problemi è considerevole: i buoni sentimenti aumentano la tendenza a combinare i dati in modi nuovi e a vedere la correlazione tra stimoli divergenti.

Ipotizziamo che ciò avvenga perché la grande quantità di materiale cognitivo provocato dallo stato affettivo positivo si traduce in un’attenzione più funzionale al compito, e il contesto cognitivo più complesso così sperimentato dalle persone che si sentono felici consente loro un maggior numero e gamma di interpretazioni. Questa maggiore gamma di interpretazioni si traduce nella consapevolezza di più aspetti degli stimoli e di più possibili modi di relazionarli e combinarli. (3)

Chi ha una percezione di benessere sul lavoro ha maggiori possibilità di carriera. Le persone che sono più soddisfatte del proprio lavoro, infatti, riferiscono di avere una maggiore autonomia nelle loro mansioni.

Avendo prestazioni migliori nei compiti assegnati rispetto ai loro colleghi meno felici, sono più propensi ad assumere compiti che vanno oltre il loro ruolo come, ad esempio, aiutare gli altri. Ricevono più sostegno sociale dai loro colleghi e tendono ad utilizzare approcci più cooperativi quando interagiscono con gli altri.

Le persone felici hanno meno probabilità di mostrare comportamenti di ritiro e isolamento, come l’assenteismo, e hanno meno probabilità di rimanere disoccupati. E più in generale, le persone felici sono fisicamente più sane, vivono più a lungo e affrontano più efficacemente le sfide, caratteristiche che indubbiamente rendono più facile ottenere di più nella loro carriera. Di conseguenza, nel complesso, le persone felici godono di un maggiore successo sul posto di lavoro e si impegnano in più comportamenti paralleli al successo rispetto alle persone meno felici. (4)

Di fronte alle avversità e alle battute d'arresto, le persone che vivono in luoghi di lavoro con maggiore percezione di benessere, tendono a vedere il quadro più ampio piuttosto che rimanere concentrate su un singolo aspetto, e sono inclini a sentirsi meno stressate; sono più brave a far fronte alle difficoltà e a riprendersi dallo stress lavorativo; sono più abili a gestire e risolvere i conflitti.

Le emozioni positive sono infatti una potente fonte di crescita e cambiamento, predittivi della capacità di resilienza, esplorazione, apprendimento, connessione e, infine, costruzione di nuove risorse. Queste risorse possono in seguito migliorare la propria vita, offrendo nuove opportunità di benessere e creazione di ulteriore risorse anche dalle situazioni più critiche. (5)

Socialmente, le persone che sono più felici al lavoro sono valutate dagli altri come più simpatiche, più affidabili, più meritevoli di rispetto e attenzione e più efficaci; in luoghi di lavoro più felici, le persone sono anche più utili l'una all'altra e si sostengono a vicenda nei momenti difficili. (6)

 

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Le aziende più felici guadagnano di più e perdono di meno: riportano meno turnover, minori costi sanitari, meno errori e incidenti, più efficienza, maggiore valore per gli azionisti e riprese più rapide a seguito di eventi avversi o danni; guadagnano anche una maggiore fedeltà dei clienti, impegno e crescita del business tramite il passaparola.

La ricerca mostra che i dipendenti più felici sono spesso dipendenti migliori. Il benessere è positivamente correlato alla qualità delle prestazioni, all'innovazione e all'efficienza. Dipendenti psicologicamente forti mostrano costantemente prestazioni più elevate: il 10-25% della varianza nella prestazione lavorativa è associata a differenze di benessere.

Studi statunitensi, mostrano che se un'azienda dovesse pagare ad un dipendente uno stipendio nella fascia di $ 65.000, avere quella persona in difficoltà psicologica potrebbe costare all'azienda circa $ 75 a settimana per persona in perdita di produttività. Con 10 dipendenti, ciò si traduce in $ 750 a settimana di variazione delle prestazioni o $ 39.000 all'anno. (7)

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Come lavorare per un (vero) benessere sul lavoro

Un’attività spesso connessa allo star bene nelle aziende, è il team building. Le attività di costruzione del team vanno benissimo, dalle riunioni passeggiando in mezzo ai boschi al tiro con l’arco. Ma costruire un vero ambiente emotivamente sano, cognitivamente funzionale e operativamente vivace, non si può fare con il solo impiego di attività divertenti o impressionanti. Il benessere sul lavoro non è un momento: è una pratica quotidiana.

Nella mia attività di consulenza, risulta piuttosto chiaro che prima di costruire nuovi palazzi, occorre occuparsi del terreno su cui porre le fondamenta. I risultati, quando l’azienda si avvia verso questo processo, ci sono stati sempre. Nessuna eccezione.

A livello teorico, occorre dunque chiedersi come si possa fattivamente promuovere, supportare e costruire la felicità aziendale.

Non esiste una risposta unica e semplice a questa domanda. I professionisti del benessere e della felicità sul lavoro di Berkeley hanno tuttavia identificato quattro pilastri chiave del benessere sul lavoro che offrono un ottimo punto di partenza, per lo meno per comprendere da dove e come partire.

Sono questi:

  • Purpose = Scopo
  • Engagement = Coinvolgimento
  • Resilience = Resilienza
  • Kindness = Gentilezza

L’acronimo PERK compone il termine che tradotto in inglese significa vantaggio.

Gli studi riportano diversi modi per rafforzare ciascun pilastro del PERK a livello personale, sociale e strutturale sul lavoro: dagli esercizi alle attività individuali, dallo sviluppo di abilità sociali chiave ai cambiamenti nello stile di leadership, dalle iniziative a livello di organizzazione alle modifiche alla politica aziendale.

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Il fondamento del benessere: il modello PERK

Il modello PERK è un framework flessibile e integrato che aiuta a guidare il pensiero, le osservazioni e le iniziative verso il raggiungimento di un più elevato quoziente di felicità aziendale o di qualsiasi altro gruppo di lavoro.

Il modello propone, in base all’azienda e allo stato di partenza, esercizi e attività individuali, lo sviluppo di abilità sociali utili al proponimento, cambiamenti nello stile di conduzione dei team nel caso dei manager e dei leader, iniziative a livello di organizzazione, differenziazione della comunicazione, fino a modifiche della mission aziendale.

1. PURPOSE (Scopo)

Il professor Morten Hansen della California University, nel suo libro del 2018 "Great at Work" (8), aveva definito lo scopo in questo modo:

"Hai uno scopo quando offri contributi preziosi ad altri (individui e organizzazioni) o alla società che trovi personalmente significativi e che non danneggiano nessuno."

Il nostro scopo è un riflesso dei nostri valori fondamentali e ci sentiamo più propositivi al lavoro quando i nostri comportamenti e le nostre decisioni quotidiane sono allineati con quei valori.

 

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Come individui, portare più passione e chiari intenti al lavoro può significare affermare noi stessi nella formulazione e nello svolgimento delle nostre attività quotidiane, collegando ciò che facciamo a ciò in cui crediamo e a cui teniamo, piuttosto che abbracciare passivamente lo status quo.

Ad esempio, se apprezzi l'uguaglianza e la diversità, puoi impegnarti a collaborare con persone di background diverso dal tuo. Se sei un leader, potresti essere tentato di utilizzare incentivi finanziari per cercare di instillare più impegno nei tuoi dipendenti, ma probabilmente non funzionerà.

Nel suo libro "Payoff" (9), l'economista comportamentale Dan Ariely rivela che i bonus in denaro non vanno così lontano; i suoi studi suggeriscono che ciò che desideriamo veramente sono incentivi intrinseci come l'apprezzamento e il progresso che sia realmente significativo per la persona. Abbiamo bisogno di vedere come il nostro progresso sia legato ad un impatto significativo, importante e auto-trascendente nel mondo.

A livello di organizzazione, ad esempio, la società Patagonia instilla i valori fondamentali di conservazione e famiglia nella cultura del posto di lavoro, acquistando materiali ecocompatibili per i loro prodotti, scoraggiando gli acquisti eccessivi nelle loro campagne di marketing e fornendo assistenza all'infanzia in loco e resi flessibili orari di lavoro per i nuovi genitori.

Se sei in una posizione di influenza, puoi promuovere lo scopo rendendo espliciti i valori fondamentali sul posto di lavoro e implementando politiche che allineano le esperienze quotidiane delle persone con i valori fondamentali. (10)

 

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2. ENGAGEMENT (Coinvolgimento)

Prova a rispondere a queste domande:

  • Ti piace generalmente il tuo lavoro?
  • Puoi prendere delle decisioni su cosa, quando e come fai le cose al lavoro?
  • Ti è mai capitato di sentire così tanta curiosità o profondità in quello che stavi facendo al lavoro (e che non include le pause caffè) da perdere la cognizione del tempo?
  • Ti senti efficace e di riuscire a portare a termine le cose?

Secondo recenti indagini, la maggior parte dei lavoratori in tutto il mondo dice no a domande come queste, il che indica che il benessere e l'impegno sul lavoro è preoccupantemente basso.

In Italia, solo il 5% della popolazione si dichiara pienamente coinvolta e il 30% si dichiara attivamente disimpegnata: la percentuale più alta di dipendenti attivamente disimpegnati di tutte le 155 popolazioni del mondo incluse nell’analisi "State of the Global Workplace" di Gallup. (11)

 

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Secondo il modello PERK esistono tre modalità principali per aumentare il coinvolgimento sul lavoro.

Innanzitutto, aggiungere giocosità, creatività e leggerezza, come fa la Southwest Airlines. L'azienda si è guadagnata la reputazione di dare la priorità al divertimento; ad esempio, i dipendenti sono invitati a infondere umorismo e zelo negli annunci di volo di routine. (12)

In secondo luogo, concedere alle persone una maggiore titolarità sui loro programmi, compiti e sviluppo professionale quotidiani e creare opportunità di apprendimento e crescita. (13)

Spesso un buon corso di formazione, centrato sugli interessi reali dei dipendenti e sul loro coinvolgimento attivo, è considerato un vero e proprio premio. I dipendenti di diverse aziende americane ed europee, partecipano ad eventi di onboarding di più giorni che includono attività sociali divertenti e "creazione di posti di lavoro", un esercizio per riflettere sui propri punti di forza personali e le dimensioni collaborative del proprio lavoro, ed immaginare al contempo il più appropriato e stimolante modo di lavorare, cooperativo e incentrato sulla crescita.

Ad esempio, un dipendente con un punteggio elevato in termini di entusiasmo potrebbe assumere il compito di organizzare le attività di team building dei dipendenti.

Infine, adottare un programma meno draconiano. Per fare ciò, alcune aziende stanno abbandonando il tipico programma super affaccendato, multitasking, sempre disponibile, carico di notifiche sui dispositivi e intasato dalle riunioni, incoraggiando allo stesso tempo i tempi di inattività fuori dal lavoro. Alcuni vietano persino le e-mail relative al lavoro dopo l'orario per aiutare le persone a rilassarsi e riprendersi. I dipendenti dell’azienda di Brunello Cucinelli ne sono un esempio made in Italy. (14)

 

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3. RESILIENCE (Resilienza)

Quando parliamo di resilienza, parliamo della capacità individuale, di gruppo o sociale di gestire, adattarsi e apprendere in modo produttivo da battute d'arresto, fallimenti e delusioni, elementi fondamentale per il mantenimento del proprio benessere. Come ricorderai da un precedente articolo (Verso un nuovo modello di salute. L'apporto delle neuroscienze e della salutogenesi) e dai webinar tenuti sull’argomento durante il lockdown, la resilienza è uno degli elementi cardine della salutogenesi, ovvero dei fattori che determinano la salute.

Essere resilienti non significa cercare di prevenire le difficoltà, soffocare lo stress o evitare il confronto; significa essere in grado di gestire le sfide sul lavoro con autenticità e con una certa grazia.

Per rafforzare la propria resilienza al lavoro, forse la tecnica più promettente è migliorare la propria capacità di auto-osservarsi e la consapevolezza del momento. L’auto-osservazione e la consapevolezza possono essere buoni punti di partenza per rivedere la propria abitudine ad incolpare gli altri o a criticare eccessivamente se stessi al di là dei fatti.

Un modo per rafforzare la resilienza sul lavoro è essere autentici, ovvero portare tutto il tuo sé migliore al lavoro, come evidenziato dal lavoro pionieristico di Google.

Un gruppo del reparto People Operations di Google (ciò che viene chiamato risorse umane) aveva deciso di rispondere a questa domanda utilizzando dati e analisi rigorose: “cosa rende efficace un team di Google?” In due anni hanno condotto oltre 200 interviste con i googler (i dipendenti) ed esaminato più di 250 attributi di oltre 180 team Google attivi. Erano abbastanza fiduciosi che avrebbero trovato il mix perfetto di tratti individuali e abilità necessarie per un team stellare. Si sbagliavano.

Chi fa parte di un team conta meno del modo in cui i membri del team interagiscono, strutturano il loro lavoro e visualizzano i loro contributi. È il team a contare in quanto, come insegnava Kurt Lewin, il tutto non corrisponde alla somma delle parti: è qualcosa di più e di diverso.

Gli elementi chiave che sono emersi essere alla base del successo del team, e della sua capacità di resilienza, sono:

  • Sicurezza psicologica: possiamo correre dei rischi in questa squadra senza sentirci insicuri o imbarazzati?
  • Affidabilità: possiamo contare l'uno sull'altro per svolgere un lavoro di alta qualità in tempo?
  • Struttura e chiarezza: gli obiettivi, i ruoli e i piani di esecuzione del nostro team sono chiari?
  • Significato del lavoro: stiamo lavorando a qualcosa che è personalmente importante per ciascuno di noi?
  • Impatto del lavoro: crediamo fondamentalmente che il lavoro che stiamo svolgendo sia importante? (15)

Tutto questo, tuttavia, non corrisponde ad avere sorrisi forzati o a costringersi ad essere “carichi” per far mostra di se stessi: deve essere vero. Essere autentici e fedeli a noi stessi al lavoro elimina lo stress della recitazione superficiale o della finzione di provare emozioni che non provi.

La resilienza sul lavoro è anche legata al saper staccare mentalmente e fisicamente dal lavoro. Ciò significa prendere tempo per recuperare e perseguire attività di benessere, sociali, creative e di volontariato, sia su base giornaliera che durante le vacanze, a prescindere da come ognuno le intenda.

 

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4. KINDNESS (Gentilezza)

Infine, siamo più felici al lavoro quando attingiamo alla nostra innata tendenza alla gentilezza, orientando i nostri pensieri, sentimenti e azioni verso la cura degli altri e ai legami sociali genuinamente solidali. Perché innata? Perché quando ci sentiamo in equilibrio e godiamo di uno stato psicofisico di benessere, la gentilezza e l’aiuto verso gli altri diventano moti naturali. È normalmente il malessere e il caos che induce gli esseri umani a reagire con l’isolamento, l’egoismo o l’aggressività.

Essere gentili sul lavoro implica trattare gli altri con dignità e rispetto, estendere l'empatia e la compassione, praticare la gratitudine e gestire in modo costruttivo i conflitti.

Chi è una persona gentile?

  • Innanzi tutto è una persona che stima se stessa e gli altri. Non scredita gli altri, non è incline a fare battute sminuenti o a scherzare in modo pesante

  • Sa costruire fiducia. Sa quindi meritare la fiducia degli altri grazie alla sua affidabilità e al contempo dà fiducia al prossimo fino a prove contrarie

  • Sa condividere le risorse, i feedback e le vittorie. Poco si raggiunge senza condivisione; mettere a disposizione degli altri le proprie abilità, le risorse utili, le informazioni di ritorno ed i buoni momenti concorre a costruire un clima di lavoro che si percepisce salubre e ricco

  • Sa ascoltare. Infine, prestare attenzione e saper fermarsi per ascoltare ed elaborare ciò che sta dicendo l’altra persona, è sovente il miglior modo per entrare realmente in contatto con lei. Se nel momento dell’ascolto pensiamo tuttavia ai fatti nostri o attendiamo semplicemente il nostro turno di parola, non funziona

 

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Per i leader, la capacità di essere civili è fondamentale per evitare l'influenza corruttrice derivante dalla conquista del potere. Un passo successivo verso la gentilezza sul lavoro è praticare stati "prosociali" come empatia, compassione e gratitudine. L'empatia è la base per comprendere le altre persone e guida le scelte cooperative e il lavoro di squadra efficace.

Secondo il professore del Nordest David DeSteno, non solo la compassione e la gratitudine aumentano la gentilezza, ma aiutano anche le persone a raggiungere i loro obiettivi sul lavoro(16). Cosa succede quando le relazioni sul posto di lavoro hanno dei problemi? La ricerca mostra che chiedere scusa, spesso considerato un segno di debolezza, fa bene alla fiducia e, a sua volta, alla felicità sul lavoro.

Le scuse ispirano maggiore rispetto e impegno nelle persone intorno a te e migliorano le organizzazioni nel riprendersi dalle battute d'arresto. Ma non è sufficiente.

Ogni volta che si inciampa, occorre ribilanciare l’errore verso l’altro facendo attivamente qualcosa che compensi alla mancanza. Sei arrivato in ritardo e hai fatto perdere del tempo alla collega? Le offri il pranzo. Questo è l’unico modo per recuperare fiducia e per comunicare all’altra persona la nostra attenzione verso di lei. Le scuse non bastano, occorrono azioni concrete.

Molte sono dunque le sfide che ancora dobbiamo affrontare: disimpegno, iperattività, insicurezza, cambiamenti su tutti i fronti. Ma forse un diverso tipo di vita lavorativa è possibile, più attraente, coinvolgente, ed in linea con quanto la ricerca mostra, ovvero che il benessere sul lavoro è essenziale per il successo organizzativo, anche nei tempi di crisi.

Come sempre, occorre iniziare dalle piccole cose, e poi estendere i propri cambiamenti. L’esperienza ci rassicura a tal riguardo: vale sempre l'investimento e lo sforzo.

 

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Bibliografia

  • Su https://ggsc.berkeley.edu/?_ga=2.198935341.326522821.1599042923-369707639.1599042923
  • Tenney E. R., Poole J. M., & Diener, E. (2016). Does positivity enhance work performance?: Why, when, and what we don’t know, Research in Organizational Behavior, 36, 27-46.

  • Isen M. I., Daubman K. A., & Nowicki, G. P. (1987). Positive Affect Facilitates Creative Problem Solving, Journal of Personality and Social Psychology, Vol. 52, No. 6, 1122-1131.

  • Lyubomirsky S., King L., & Diener E. (2005). The benefits of frequent positive affect: Does happiness lead to success? Psychological Bulletin, 131, 803-855.

  • Cohn MA, Fredrickson BL, Brown SL, Mikels JA, Conway AM. Happiness unpacked: positive emotions increase life satisfaction by building resilience. Emotion. 2009;9(3):361-368. doi:10.1037/a0015952.

  • Stillman TF, Lambert NM, Fincham FD, Baumeister RF. Meaning as Magnetic Force: Evidence That Meaning in Life Promotes Interpersonal Appeal. Social Psychological and Personality Science. 2011;2(1):13-20. doi:10.1177/1948550610378382.

  • Kansas State University. "Happy Employees Are Critical For An Organization's Success, Study Shows." ScienceDaily, 4 February 2009.

  • Morten T. Hansen, Great at Work, Simon & Schuster, 2018.

  • Ariely D., Payoff: The Hidden Logic That Shapes Our Motivations, Simon & Schuster, 2016.

  • Si veda a tal proposito l’articolo “Patagonia’s Yvon Chouinard on Mindful Consumption”, all’indirizzo: https://bthechange.com/patagonias-yvon-chouinard-on-mindful-consumption-e262044aaa0d

  • State of the Global Workplace – Gallup Report, Gallup Press, 2017.

  • Si veda, a titolo di esempio, il seguente breve video: https://www.youtube.com/watch?v=07LFBydGjaM

  • Sul tema del job crafting, si veda Wrezesniewski A., Dutton J. E. (2001), Crafting a Job: Revisioning Employees as Active Crefters of their Work, Academy of Management Review, vol. 26, N. 2, 179-201.

  • Si veda a tal proposito: https://www.kongnews.it/life/diritto-alla-disconnessione-stop-a-telefonate-e-messaggi-dopo-lorario-di-lavoro/

  • The five keys to a successful Google team: https://rework.withgoogle.com/blog/five-keys-to-a-successful-google-team/

  • DeSteno D., Emotional Success – The Power fo Gratitude, Compassion and Pride, Eamon Dolan/Houghton Mifflin Harcourt, New York, 2018.

 

 


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