Gerardo Forliano classe 1988 è uno di quegli ingegneri informatici che ormai da qualche anno ha iniziato a diffondere grazie ad un’intensa attività di community management, il nuovo mantra del marketing digitale che riguarda il growth hacking.
Growth Hacking Italia è infatti il gruppo nostrano dove atterrano i marketer più “aggressivi”, quelli che in un modo o nell’altro sono affascinati e perseguono il “mitico” funnel del pirata AARRR. Parliamo di Acquisition, Activation, Retention, Revenue e Referral.
Approfondiamo con Gerardo qualche punto interessante del panorama nostrano dei servizi nel settore fino ad arrivare al suo nuovo strumento Growth Hacking Canvas.
- Grazie intanto della tua disponibilità e del tempo che ci hai concesso. Perché non ci racconti innanzitutto qualcosa di te?
Ciao Daniel, grazie a te. Certo, mi presento brevemente sulla scia di alcuni dati che hai già fornito.
Infatti sono laureato in Ingegneria Informatica con una specializzazione nello sviluppo mobile per dispositivi iOS. Dopo l’università, ho iniziato a lavorare in una società di Torino che si occupa di formazione in tutta Italia e consulenza proprio sullo sviluppo iOS.
Successivamente, sono entrato a far parte di Instilla, agency milanese che si occupa di SEO, Local SEO e Conversion Marketing, sviluppando tool informatici di supporto a tali attività.
Sin dai tempi universitari, ho coltivato in parallelo una forte passione ed interesse per il marketing digitale, approfondendo nel tempo ogni tipo di tematica associata da autodidatta.
Ad un certo punto in Instilla si è verificato quello che considero il mio pivot professionale definitivo: dallo sviluppo mobile al 100% marketing digitale.
Nello specifico, il mio avvicinamento al Growth Hacking è stato una naturale conseguenza dell’incastro perfetto tra il laureato in Ingegneria e lo studioso di marketing che ci sono in me.
Attualmente mi occupo di consulenza strategica di marketing digitale con approccio growth hacking per startup, PMI e professionisti. In parallelo curo il mio brand personale attraverso una serie di canali digitali.
Quelli principali sono il mio blog e la mia pagina Facebook nei quali tratto proprio di tutte le tematiche inerenti al growth hacking ed al marketing in generale.
Come succede nel mio caso, fare personal branding di qualità rappresenta spesso un’ottima fonte di approvvigionamento di richieste lavorative. Ho comunque in cantiere alcune idee di ampliamento dei miei servizi e qualche side-project interessante.
Infine curo e gestisco la community italiana di riferimento sul Growth Hacking, cioè Growth Hacking Italia.
- Quindi a tuo parere chi è un growth hacker, qual è il significato corrente di growth hacking e soprattutto perché fare growth hacking?
Ti ringrazio per la domanda innanzitutto.
Sì, perché da quando questo termine è diventato quasi mainstream, perlomeno nel mondo delle startup ed imprese in generale, c’è un’enorme confusione su cosa sia esattamente il growth hacking.
A differenza di ciò che sostengono erroneamente sedicenti esperti, il growth hacking non è l’insieme di trucchi e tecniche per far crescere, ad esempio, il numero di follower sui social media.
Purtroppo ho trovato alcune descrizioni di workshop che promuovono proprio questo tipo di significato.
Si tratta invece di ben altro ed io, insieme ad altri professionisti autentici di questo settore (vedi Raffaele Gaito e Luca Barboni in primis), sto combattendo per eliminare tutta la fuffa che ci gira attorno.
Fornisco qui sotto la definizione puntuale che rimane secondo me la più precisa e sintetica possibile.
Il growth hacking è un processo di rapida sperimentazione dei canali di marketing e di prodotto al fine di individuare quali sono quelli più efficaci per far crescere esponenzialmente un business.
La differenza sostanziale che esiste tra il marketing digitale ed il growth hacking sta nel fatto che il primo promuove attività legate alla brand awareness e alle strategie di acquisizione utenti mentre il secondo contempla uno spettro maggiore di operazioni, che spaziano proprio dall’awareness e acquisition fino all’activation, retention, revenue e referral (le fasi del funnel dei pirati).
Perciò il growth hacking permette di approcciare un progetto imprenditoriale definendo una strategia più completa di attività volte a far crescere il business stesso.
Detto ciò, il growth hacker è un professionista che si muove secondo un processo operativo ben preciso al fine di testare tutte le idee più interessanti per poter così ottimizzare le metriche chiave del business e scovare i metodi ed i canali più efficienti per la crescita.
Quindi perché fare growth hacking?
Perché hai sempre una visione chiara del progetto e del suo andamento effettivo, si basa fortemente sui dati e i risultati reali, e ti consente di operare in maniera più schematica ed efficiente.
- Quanto lo vedi applicabile alle realtà nostrane e quali sono i “pain point” che spesso incontri?
Sinceramente non vedo grossi problemi di applicazione di questa metodologia sulle imprese italiane in quanto si tratta solo di cambiare il paradigma operativo (cosa che non è semplicissima, è vero, ma si fà, con la buona volontà del cliente).
Più che altro le criticità sono altre:
- Spiegare innanzitutto in fase di colloquio iniziale cosa significa realmente fare growth hacking e quali dovrebbero essere le aspettative realistiche del cliente (per intenderci non siamo maghi con la bacchetta magica)
- Spiegare un concetto tecnico che spesso devo ribadire: non ci si può dedicare alla fase di acquisition se il tuo prodotto fa schifo e soprattutto se le fasi centrali del funnel dei pirati non sono ottimizzate (si rischierebbe di buttare budget su un sistema poco efficiente che potrebbe sì portare nuovi utenti ma che difficilmente convertiranno e che invece molto probabilmente abbandoneranno il prodotto)
- Fare il product/project manager (il growth hacker è anche e soprattutto questo) con un team quasi inesistente o senza riferimenti rispetto alle varie aree operative (la cosiddetta ownership)
Questi sono alcuni dei punti critici principali che trovo più di frequente.
- … e qui volevo approfondire con te gli obiettivi di un gruppo come Growth Hacking Italia. Ne sei soddisfatto dell’andamento? Quali conseguenti riflessioni stai facendo in riferimento al “movimento” italiano?
Faccio una premessa doverosa: difficilmente sono soddisfatto dei miei risultati (anche quando in realtà sono obiettivamente incoraggianti).
Ed è questa la mia fortuna più grande, la chiave che mi spinge a chiedere sempre di più da me stesso.
Perciò, per quanto riguarda il gruppo di Growth Hacking Italia e se sono soddisfatto del suo andamento, ti rispondo con un sì ma con qualche riserva. Bisogna sempre fare di più.
Detto ciò, la community sta comunque crescendo molto, sia in termini di engagement sia in termini di membership, soprattutto in quest’ultimo periodo.
Tra l’altro, proprio grazie ad un piccolo hack, che consiste semplicemente in un meccanismo recentemente introdotto nei gruppi fb e che, in quanto tale, pochissimi admin conoscono e stanno sfruttando, sono riuscito ad incrementare a vista d’occhio le richieste di iscrizione al gruppo.
Perdonami, non posso rivelare questo piccolo trucchetto altrimenti, se adottato da tutti gli altri admin di gruppi affini al mio, rischierebbe di perdere di efficacia sul mio.
Per quanto riguarda il futuro, sarebbe bello poter organizzare periodicamente dei meetup della community, almeno nelle città italiane più rappresentate.
Parafrasando, in chiave growth hacking, una citazione famosa tratta dal film “Fight Club”:
“Prima regola del (growth hacking) club: non parlate mai dei vostri hack!”
Gerardo Forliano, fondatore di Growth Hacking Italia
- Volevo così parlare di uno strumento interessante che hai appena condiviso nel gruppo: il Growth Hacking Canvas. E’ uno strumento molto interessante e aggiungo facilmente applicabile. In che modo è nata l’idea e l’esigenza di creare uno strumento come questo?
Guarda, l’idea del Growth Hacking Canvas (che i lettori del blog di Adv Media Lab, se interessati, possono scaricare cliccando qui) è una naturale conseguenza del procedimento standard di analisi preliminare della situazione di un business attraverso la lente del growth hacking.
Era inevitabile per me non andare ad approfondire concettualmente le aree corrispondenti alle fasi del funnel dei pirati, che rappresenta esso stesso un framework, così come non considerare qual è il target di riferimento e il valore aggiunto del proprio prodotto rispetto a quello dei competitor.
Perciò ho pensato bene di unire i pezzi e fonderli tutti insieme in questo canvas.
Questo strumento imita fedelmente, sia dal punto di vista estetico sia in parte per i contenuti, il popolare Business Model Canvas di Alexander Osterwalder, non per ragioni di megalomania del sottoscritto ma semplicemente come forma di rispetto e di riconoscenza nei suoi confronti, avendo ideato a sua volta uno strumento innovativo nel mondo lean startup.
Dunque ho realizzato questo schema per rendere la vita più semplice ai vari growth hacker, marketer ed imprenditori vari in fase di definizione di un piano preliminare di crescita del business.
- Come pensi possano aiutare realmente questi strumenti e i migliaia di altri tool in circolazione (e in costante aumento) per chi si affaccia a questo mondo?
La modalità di utilizzo può essere sostanzialmente di due tipi:
- Analisi statica della situazione iniziale del progetto imprenditoriale in modo da raccogliere tutte le idee e le informazioni più importanti relative alle varie aree contemplate
- Analisi dinamica mediante l’uso dei post-it per poter studiare e pianificare il lavoro considerando una situazione in continua evoluzione (approccio utilizzato spesso anche per il Business Model Canvas)
Ognuno poi lo utilizzerà come meglio crede e reputa più opportuno per se stesso.
Ti senti pronto ad intraprendere una strategia di growth hacking?